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GUIDO BERTOLASO E LA FRESCACCIA DI QUEL FRESCONE DI PIERLUIGI BERSANI.

Roma, 15 feb (Velino) - Dopo la prudenza iniziale anche il Pd si è associato all'Italia dei Valori di Di Pietro nel chiedere le dimissioni di Guido Bertolaso. Ma non per l'avviso di garanzia in sé, piuttosto per la responsabilità oggettiva di un "andazzo", "il modo di gestire delle procedure in termini poco chiari". "Se è una persona seria, come si dice, deve fare un passo indietro", sono le parole di Bersani. Ma stamattina il Giornale pare cogliere lo stesso segretario del Pd in contraddizione: "Proprio Bersani, quand'era ministro, le tentò tutte, .... ma proprio tutte, per convincere Bertolaso a includere tra i 'Grandi Eventi' una manifestazione che a lui, quale responsabile del dicastero dello Sviluppo economico, interessava in modo particolare". Si trattava del 20mo congresso mondiale dell'Energia, in programma a novembre del 2007, alla nuova fiera di Roma. Bertolaso non ravvisava in quel congresso i resquisiti del "grande evento", non c'era molto di straordinario e urgente, spiegava nero su bianco il capo della Protezione civile. Un ostinato no, quello di Bertolaso allora, che il Giornale pone in collegamento con la richiesta delle sue dimissioni avanzata oggi da Bersani. Il segretario del Pd potrebbe essersela legata al dito. Forse quel vecchio "no" non è tra i moventi del suo attacco politico al sottosegretario, ma quanto meno, osserva il quotidiano, "visto il precedente, potrebbe evitare di sparare a zero sulle 'procedure discrezionali' previste per i 'Grandi Eventi'. Proprio quelle per cui lui ha speso - invano - inchiostro e pressioni, meno di tre anni fa". Procedure discrezionali che "danno luogo a rischi enormi", sono "un'assurdità", denuncia il Bersani di oggi, per il quale i Campionati di nuoto o il piano carceri non possono essere considerati "Grandi Eventi", mentre a quanto pare lo era il congresso sull'energia del 2007, quand'era ministro.

Nella sua risposta alle 10 domande di Repubblica, Bertolaso difende la scelta di affrontare i "Grandi Eventi" come emergenze nazionali da affidare alla gestione della Protezione civile. Una scelta, ricorda, fatta propria dai governi Berlusconi così come dal governo Prodi, e "in linea con le normative comunitarie relativamente all'accelerazione delle procedure", il cui vantaggio è di considerare la variabile del tempo "come reale e cogente". Una "normativa - ribadisce Bertolaso - non anarchia o autorizzazione ad esercitare la pirateria a nome dello Stato, normativa per di più comprensiva di controlli e autorità di vigilanza, mai abrogate". Piuttosto, bisognerebbe chiedersi il perché dell'"aumento delle richieste di dichiarazione di 'grande evento' da affrontare con la figura del commissario straordinario". "Rendere lo Stato efficiente non è una anomalia, non ho mai sottratto poteri legislativi al Parlamento", si difende Bertolaso su la Repubblica, ricordando che "nessuna norma è passata col parere contrario del presidente della Repubblica, non ci sono state osservazioni neppure informali, non ci sono stati pronunciamenti della Corte costituzionale, né sono state sollevate fondate eccezioni di incostituzionalità. Se i presidenti della Repubblica - continua - non hanno mai opposto il rifiuto o obiezioni alle leggi che consentono l'adozione delle ordinanze relative ai Grandi Eventi, se gli stessi non hanno mai espresso preoccupazioni di sorta al riguardo, confesso che non ho avuto stimoli per fare questa riflessione". Grazie all'uso di "quei poteri e normative", le "uniche adeguate ad affrontare situazioni complesse e problemi dove il 'tempo che passa' è determinante", si sono ottenuti dei risultati nell'affrontare l'emergenza rifiuti in Campania"

Bertolaso nega l'incompatibilità tra gli incarichi di sottosegretario e di capo della Protezione civile, ripete di essere "un servitore dello Stato, non di questo o quel governo". "Il che non vuol dire - aggiunge - che non sia al servizio del Governo. Sarebbe assai originale e contraddittorio". Poi, rispondendo a Scalfari, coglie il nervo scoperto della sinistra: "Se la Sua vera domanda è: 'si è reso conto che il suo operare ha creato situazioni che possono aver contribuito al consenso nel Paese dell'attuale presidente del Consiglio?' rispondo di essermene accorto. Ho già detto che alcuni degli interventi che ho realizzato, a partire dalla fine della quindicennale emergenza rifiuti in Campania, sarei stato lieto di concluderli con il presidente Prodi, che condivideva il mio piano, mentre il Governo da lui presieduto non ne ha permessa la realizzazione. Non io, ma Napoli e l'Italia hanno perso più di un anno. Spiacente, ma non è un mio problema - sottolinea Bertolaso - considerare che per 'Stato' si deve intendere 'l'Italia senza Berlusconi'. Spiacente, è un problema del centrosinistra italiano, non dello Stato, non riuscire a fare a meno di questo presidente perché unico collante buono a tenere insieme forze politiche che, quando non trovano accordo su questo comune bersaglio, danno regolarmente vita alla fiera del fuoco amico. Da servitore dello Stato - conclude - aspetto che questa congiuntura non brillante finisca, perché non aiuta nessuno a migliorare la qualità del servizio ai cittadini. Ma ciascuno si prenda le sue, di responsabilità".

Premettendo di avere "grande considerazione per il lavoro della magistratura", del "diritto dovere dei magistrati di fare il loro lavoro", Bertolaso però auspica la fine dei "processi mediatici come quello che adesso si sta celebrando contro di me, che sono soltanto l'imputato pubblico di turno". Basta "fango". Nella sua lettera di risposta a la Repubblica si sofferma anche sul controverso decreto legge sulla Protezione civile di cui le opposizioni chiedono il ritiro: "Non prevede affatto la trasformazione della Protezione civile in società per azioni, la quale viceversa, con personale capace e preparato, continuerà nella sua missione. La Spa - spiega - è uno strumento tecnico in più, che, con l'esperienza acquisita nelle emergenze, non ultima quella aquilana, rimette nella mani del 'Pubblico' competenze da 'general contractor' che la pubblica amministrazione ha perso negli ultimi decenni, rendendola nuovamente in grado di seguire giorno per giorno i lavori di cui lo Stato è committente e sottraendosi al ricatto del 'mercato'". (segue)

Un provvedimento su cui però, ormai, il governo pare intenzionato a fare un passo indietro, almeno stando alle parole di ieri del sottosegretario Gianni Letta, sempre in prima linea nella difesa di Bertolaso: "Anch'io mi arrabbierei, se qualcuno pensasse di trasformare la Protezione civile in una società privata. Ma non è così, e chi lo dice non dice il vero". La Protezione civile, ha assicurato, "è e rimane un dipartimento della presidenza del Consiglio con la sua struttura, le sue funzioni e le sue regole, che sono e restano pubbliche". "Con il decreto - ha aggiunto - si era solo pensato di dotarla di uno strumento ulteriore, aggiuntivo, che le consentisse di operare, in determinate circostanze, con maggiore flessibilità e efficacia. La Protezione civile di Bertolaso potrà tranquillamente continuare a operare con gli strumenti abituali e con lo stesso spirito e lo stesso impegno".

Alle opposizioni si sono sommate le crescenti perplessità di pezzi di maggioranza, ministri compresi, soprattutto nella componente ex An del Pdl. I ministri La Russa e Matteoli, il vice presidente dei deputati del Pdl Italo Bocchino, vicino al presidente della Camera Fini, così come Mario Baldassarri, presidente della Commissione Finanze del Senato, avevano già nei giorni scorsi manifestato i loro dubbi sul decreto, aprendo a eventuali modifiche.

Oggi si aggiungono le parole del leader della Lega Umberto Bossi: "Abbiamo una bella Protezione civile con migliaia di persone. Non deve diventare una Spa, non deve sparire. Ci starei molto cauto a fare certe scelte". "Tremonti - osserva inoltre Bossi - già tempo fa aveva avvisato di non andare in quella direzione e aveva ragione, perché in quel modo non hai nessun controllo e poi nascono i pasticci. In politica i controlli ci devono essere".

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