Roma 10 Marzo 2010 (Corsera.it)
Pietrino Vanacore se ha visto qualcosa,anzi se ha visto l'omicida,deve essere qualcuno che deve avergli fatto molta paura,se per oltre ventanni si è tenuto questo segreto nel cuore,fino ad indurlo al suicidio.Se invece è un testimone scomodo,qualcuno potrebbe averlo ammazzato,perchè la dinamica del suicidio lascia molti dubbi,come la fune che lo lega per la caviglia,una sorta di incaprettamento acquatico,difficilmente praticabile su se stessi.
La morte improvvisa,anzi il suicidio di Pietrino Vanacore,il portiere dello stabile di Via Poma a Roma,teatro dell'omicidio di SImonetta Cesaroni,lascia l'amaro in bocca,perchè...
...il potenziale omicida poteva forse essere il testimone chiave di questo giallo che ci portiamo dietro da oltre venti anni.Lo schivo Pietrino Vanacore muore in condizioni a dir poco incredibile,legato alle caviglie da una corda,gettatosi in mare,muore annegato o forse ammazzato anche lui? (Corsera.it)
La migliore ricostruzione del delitto di Via Poma dal Corriere della Sera.ROMA - È morto Pietrino Vanacore. Fu il portiere dello stabile di via Poma a Roma, dove il 7 agosto 1990 fu uccisa Simonetta Cesaroni. Il cadavere dell'uomo è stato trovato ancora affiorante nel mare davanti Marina di Torricella , in località Torre Ovo, in provincia di Taranto. Si sarebbe tolto la vita nella notte tra lunedì 8 marzo e martedì 9 legandosi ad una lunga fune e buttandosi nel mare in località Torre Ovo di Torricella, nel tarantino.
Il giallo di via Poma ![]() |
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BIGLIETTI IN AUTO- Vanacore ha lasciato almeno due o tre biglietti di addio nella sua auto , una Citroen Ax di colore grigio parcheggiata a poca distanza dal luogo del suo suicidio: uno sul tergicristallo dell'auto e uno all'interno della vettura. In tutti, secondo quanto si è appreso da fonti investigative, l'ex portiere di via Poma avrebbe scritto più o meno lo stesso messaggio: «20 anni di martirio senza colpa e di sofferenza portano al suicidio».
Giallo di via Poma, si uccide Pietrino Vanacore ![]() |
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FUNE ATTORNO AI PIEDI - Il corpo di Pietrino Vanacore è stato recuperato dai vigili del fuoco e dai carabienieri e sottoposto a una prima ispezione cadaverica dal medico legale Massimo Sarcinella. Una fune era attorno ai piedi: non si è saputo se legasse entrambe le caviglie o una sola. Il corpo è stato poi portato nell'obitorio dell'ospedale di Taranto. Il pm che dirige le indagini, Maurizio Carbone, sta interrogando, con i carabinieri di Manduria e Torricella, alcuni amici di Vanacore per cercare evidentemente di comprendere lo stato d'animo dell'uomo negli ultimi tempi. Anche il sindaco di Torricella, Giuseppe Turco, medico e molto amico di Vanacore, è stato chiamato per essere sentito.
IL PROCESSO - Vanacore avrebbe dovuto testimoniare venerdì prossimo, il 12 marzo, nell'ambito del processo a Raniero Busco, accusato di aver ucciso l'ex fidanzata Simonetta Cesaroni. La ragazza, 21enne romana, fu trovata morta con 29 coltellate il 7 agosto del 1990 in un ufficio in Via Poma, nel quartiere Prati a Roma. Nell'udienza di venerdì (confermata) è prevista la testimonianza, davanti ai giudici della III Corte d'Assise presieduta da Evelina Canale, anche dell'ex datore di lavoro della ragazza Salvatore Volponi, del figlio Luca, di Giuseppa De Luca, moglie di Vanacore, e del figlio dei due portieri, Mario, nonché di due esperti della polizia scientifica che esaminarono la scena del crimine nell'imminenza del fatto. Nell'udienza di venerdì Vanacore avrebbe potuto scegliere di avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande del pm Ilaria Calò in quanto indagato in procedimento connesso. Ciò in quanto fu in passato coinvolto in questa stessa inchiesta.
Uno dei biglietti trovati sul cruscotto dell'auto di Vanacore (Ansa)
«LO HANNO FATTO A PEZZI» - «Mio padre è stato condannato senza un processo. Lo hanno distrutto, lo hanno fatto a pezzi». È amareggiato Mario Vanacore, figlio dell'ex portiere. «Sono passati vent'anni, eppure tutte le volte che si è parlato della mia famiglia è stato solo per massacrarci», ha ribadito Mario Vanacore ad alcuni giornalisti che lo hanno interpellato. «Hanno reso la vita di mio padre un inferno», rincara la dose l'uomo, che vive a Torino e fa il portiere in uno stabile dell'elegante quartiere della Crocetta. «Aveva tanti progetti, voleva comperare una casa - ricorda ancora - ma ha dovuto utilizzare tutti i risparmi che aveva per pagarsi gli avvocati». Anche Mario Vanacore negli anni scorsi è finito nell'inchiesta. Il giorno prima dell'omicidio aveva raggiunto il padre nella Capitale, insieme alla moglie Donatella e alla figlia di pochi mesi. Una visita di cortesia, prima di partire per le vacanze estive. Nel novembre del 1990, alcuni mesi dopo l'omicidio, l'uomo aveva infatti ricevuto un avviso di garanzia insieme alla madre, Giuseppa De Luca. Un provvedimento determinato dall'esigenza dei magistrati di comparare il loro sangue con quello di una traccia ematica trovata sulla porta dell'ufficio in cui avvenne l'omicidio. Lo scorso anno, inoltre, il figlio del portiere di via Poma era stato di nuovo ascoltato come persona informata dei fatti dai carabinieri del Comando provinciale di Torino, ma secondo quanto si apprende si era avvalso della facoltà di non rispondere.
La palazzina del delitto in via Poma (foto Proto)
IL LEGALE DI BUSCO - «La morte di Vanacore è troppo vicina alla scadenza processuale per non essere collegata. Lui ha vissuto con rimorso sulla coscienza questa storia, e non perchè fosse l'autore dell'omicidio, ma perché sapeva». Così l'avvocato Paolo Loria, difensore di Raniero Busco, sotto processo per l'omicidio di Simonetta Cesaroni, commenta la notizia del suicidio dell'ex portiere di via Poma. «Non so come interpretare questo fatto - ha aggiunto - l'ho saputo 20 minuti dopo che era successo».
L'ingresso del palazzo in cui venne uccisa Simonetta (foto Proto)
«SAPEVA MA NON POTEVA PARLARE» - «Lui ha vissuto con rimorso sulla coscienza questa storia - continua il legale di Raniero Busco -, e non perché lui fosse l'autore dell'omicidio, ma perché sapeva. Evidentemente, però, non poteva parlare neanche a distanza di anni. Non se l'è sentita, in sostanza, di affrontare i giudici e gli avvocati in aula».
Raniero Busco durante il processo in cui è accusato dell'omicidio di Simonetta Cesaroni (Proto)
L'AVVOCATO DEI CESARONI - «La famiglia di Simonetta Cesaroni non ha mai, e dico mai, esercitato alcuna pressione su Pietrino Vanacore neppure quando è stato arrestato. L'esito di questa sua decisione disperata non può essere collegata a noi e neppure ai pm che in questi anni hanno investigato». Lo ha dichiarato l'avvocato Lucio Molinaro, reduce nel pomeriggio da un colloquio con il pm Ilaria Calò, titolare del fascicolo sul delitto di via Poma. Pur esprimendo, a nome della famiglia Cesaroni, «dolore e dispiacere per questo fatto drammatico, come può essere il suicidio», l'avvocato Molinaro ha detto che «Vanacore, se avesse voluto, si sarebbe potuto liberare di questo suo tormento interiore. Del resto è lui a fare riferimento a questa enorme sofferenza, come scrive nei biglietti che ha lasciato. E invece, ha preferito chiudersi nel suo silenzio, evitando di rispondere a ogni domanda».
TESTIMONE - Fu lui a trovare il corpo senza vita della Cesaroni. Il 10 agosto del 1990 infatti Vanacore fu fermato dalla polizia per poi tornare in libertà il 30 agosto successivo. In quei primi giorni dell'agosto 1990 i sospetti si addensarono quasi subito su di lui, pugliese, all'epoca 58 anni, prima come possibile autore del delitto, poi come probabile favoreggiatore o testimone muto del fatto. Il 26 aprile del 1991 il gip Giuseppe Pizzuti accolse la richiesta di del pm Pietro Catalani e archiviò gli atti riguardanti l'ex portiere e altre cinque persone. Il 30 gennaio del 1995 Vanacore uscì definitivamente di scena: la Cassazione confermò infatti la decisione della Corte d'appello di non rinviarlo a giudizio con l'accusa di favoreggiamento. Allora Vanacore decise di lasciare Roma e tornare nella sua terra d'origine, a Monacizzo, poco distante da dove
Pietrino Vanacore (Ansa)
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