Napoli 27 maggio 2011 CORSERA.IT
(Ore 07.32) L'omicidio di Carmela Melania Rea,comincia a puzzare come pesce avariato e l'odore è quello forte della droga,del traffico internazionale dei narcotrafficanti.Nell'operazoine White-snake,vengono coinvolti anche due ufficiali dell'Esercito Italiano,tra cui Giovanni Iaderosa,in servizio presso la Caserma Oreste Salomone di Capua,quella presieduta dal generale di Brigata Attilio Borreca,cmandante del RAV,alla cui diretta dipendenza opera la Caserma Clementi del 235°Reggimento Piceno,la Caserma di Salvatore Parolisi.
(L'inchiesta WHITE-SNAKE)Si tratta di una banda di “cani sciolti”, non legata a nessun clan camorristico, che operava nella zona di Caserta, Marcianise, Maddaloni e cittadine limitrofe, cercando di “sostituire” l'egemone clan Belforte, decimato dagli arresti delle forze dell'ordine. Tra gli arrestati Antonio Pascarella, 30 anni, di Cervino, paesino della provincia di Caserta al confine col beneventano, e Raffaele Vigliotti, 28 anni di Maddaloni, entrambi già detenuti. In manette anche due militari dell’Esercito: Giovanni Iaderosa, 32 anni, di Sant’Agata dei Goti (Benevento), caporal maggiore in servizio alla caserma“Salomone” di Capua, e Biagio Calato, 32 anni, di Capodrise (Caserta), caporal maggiore in servizio al battaglione logistico della caserma “Baldassarre” di Maniago (Pordenone).
STUDIO LEGALE PANAGROSSO
Corso Umberto I ( ang. Vico Carradori n. 1 ) 80030 Cimitile. TELEFAX 081 8235532
Avv. Attilio Panagrosso
Avv. Camilla Albarella
p. Avv. Maddalena Stompanato
Spett.Le redazione@corsera.it
Lo scrivente, avvocato Attilio Panagrosso del Foro di Nola, con il presente atto, in nome e per conto del signor Furino Michele, nato a Maddaloni il … , indicato con effige fotografica, nome, cognome e paese di residenza, tra i 26 arrestati, nell’articolo di stampa on-line, che si legge sul Vs sito, intitolato Carmela Melania Rea omicidio WHITE SNAKE operazione antidroga perché appartenete ad una banda di “ cani sciolti “ dediti al traffico di droga, in contrapposizione del clan Belfote, nella zona di Maddaloni e paesi limitrofi, con la presente, per dovere di cronaca e diritto dello stesso Furino Michele, a rivendicare la tutela del proprio diritto alla privacy, ex art. 11 D. Lvo 196/03, Vi
INVITA
ad horas ad aggiornare l’articolo di cui innanzi, pubblicando l’esito della vicenda giudiziaria che ha riguardato lo stesso Furino Michele, con la eliminazioni delle foto segnaletiche, non trattandosi più di soggetto coinvolto in quella vicenda.
Ed infatti, lo stesso con sentenza emessa in data 7/11/11 dal GIP del Tribunale di Napoli, dott. Roberto D’Auria, nell’ambito del procedimento penale n. 49844/07 R.G.n.r., è stato assolto, con formula piena, per non aver commesso il fatto; sentenza passata in giudicato, perché non appellata dal P.M. titolare delle indagini.
Per l’arresto subito il Furino, sempre patrocinato dallo scrivente, ha presentato alla Corte di Appello di Napoli, istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita in ordine ai fatti di cui in argomento.
Sollecita la pubblicazione dell’esito della vicenda giudiziaria più volte richiamata, poiché l’articolo, unitamente all’arresto, pregiudica profondamente e tristemente l’integra onorabilità del proprio assistito, con grave ripercussioni sull’attività di libero professionista svolto dallo stesso.
Ed infatti digitando sul motore di ricerca “Google” il nominativo Michele Furino appare la notizia del Vs articolo, con relative foto, non aggiornato e quindi, sostanzialmente non vera.
A mente della sentenza della Suprema Corte di Cassazione, sezione III^ Civile, 11 gennaio-5 aprile 2012, n. 5525, è diritto del Furino ottenere l’aggiornamento della notizia e la cancellazione delle foto, non essendo più soggetto coinvolto in quella operazione di polizia giudiziaria.
Sicuro di un riscontro positivo alla presente, pone distinti saluti.
Cimitile, 22/11/12
avv. Attilio Panagros
Secondo le risultanze investigative, Antonio Pascarella aveva realizzato una rete criminale tanto capillare ed efficiente da consentirgli un guadagno mensile netto di 15mila euro, con la capacità finanziaria di investire costantemente decine di migliaia di euro nell’acquisto di nuove partite di droga e di disporre di finanziatori in grado di fornire un capitale di 100mila euro per l’acquisto di nuove partite di cocaina. Infatti, dopo il suo arresto, la Dda di Napoli disponeva il sequestro preventivo del “parco auto” nelle disponibilità di Pascarella costituito da: una Porsche Cayenne, una Porsche Boxster, una Bmw serie 530, una Fiat Punto e da una moto Yamaha R6. Pascarella, peraltro, preoccupato dalla evidente sproporzione tra le sue disponibilità ed il tenore di vita che conduceva rispetto al suo status di nullafacente, si prodigava nella ricerca di biglietti della lotteria vincenti, per i quali era disposto a pagare lautamente, al fine di giustificare tali ricchezze in caso di controlli delle forze dell’ordine. Lo stesso aveva anche progettato di impiantare una nuova piazza di spaccio a Cervino, suo paese di origine, dove operavano prevalentemente i fratelli Filippo e Gennaro, proponendosi di realizzare un giro d’affari di 100mila euro mensili. Un proposito vanificato dal suo arresto e dall’operazione conclusa la scorsa dalla polizia.FURTO DI UN TIR. Nel corso delle perquisizioni, all’interno della casa di uno dei catturati, è stata rinvenuta una motrice, di proprietà della ditta “Sebastiano Mario” di Ariano Irpino (Avellino), carica di generi alimentari (pasta Barilla), rubata qualche ora prima ad Apice (Benevento) e di cui era stato denunciato il furto la stessa notte presso la Questura di Benevento. Al momento dell’irruzione veniva sorpreso mentre scaricava la merce dal rimorchio, riposta nel cortile adiacente l’abitazione, e sottoposto a fermo per ricettazione, Vincenzo Pennino, 27 anni, residente ad Ampollosa (Benevento), mentre altri due complici riuscivano a fuggire. La droga veniva occultata in zone impervie nei pressi dell’abitazione familiare dei Pascarella a Cervino, da dove veniva trasportata continuamente nell’appartamento situato a Caserta, all’interno del quale, durante l’assenza dei componenti, veniva lasciato libero un grosso pitone bianco al fine di scoraggiare eventuali intrusioni. Da qui il nome dell'operazione, denominata “White Snake” (“Serpente bianco”), che tra l'altro è anche il nome di un famoso gruppo hard rock. Lo stupefacente veniva tagliato e confezionato all’interno dello stesso appartamento, dove, spesso, i clienti venivano invitati anche a consumare le dosi, al fine evitare il pericolo che, se fermati dalle forze dell’ordine subito dopo in strada, potessero rivelare le persone o i luoghi dove era stato acquistato. In alternativa, la cocaina veniva consegnata per la vendita al dettaglio ai numerosi “pusher” al servizio dell’organizzazione.
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