Roma 17.2.2009(corsera.it) di Matteo Corsini
Dopo la batosta elettorale in Sardegna Walter Veltroni ha deciso di lasciare la guida del PD,un gesto indispensabile ma comunque tardivo.L’aria era pesante per l’ex Sindaco di Roma fin dalla sconfitta elettorale delle politiche che aveva sancito la mediocrità delle sue iniziative.L’aria liberal e trendy di Veltroni gli è stata fatale in un momento storico in cui la gente guarda alle cose concrete e spera in quel leader che riuscirà a trascinare il paese fuori dal guado.
A Walter Veltroni sarebbe bastato invece giocare di sponda perché contro questa crisi anche il Cavaliere di Arcore rischia di sbucciarsi le dita e inghiottirsi le unghie.La politica attendista non era nelle corde di Walter Veltroni capace ogni giorno di inventarsi il presente e giocare a carte con il futuro.L’idealismo del giovane ex comunista si è frantumato nella gestione avvincente di un grande affabulatore come Silvio Berlusconi che trae energia dalle condizioni di necessità .La crisi ha fatto vincere Berlusconi,la paura,l’incertezza del futuro ,ma soprattutto la speranza che l’imprenditore esperto e navigato sia capace di intuire dove andare a spiaggiare e al più presto.
La crisi che avvince le economie mondiali è una forma di virus mai conosciuto prima di oggi,perché le sue spire finiscono verso logiche che appena ieri erano considerate anticipatrici di tempi avvenire.La crisi economica è una profonda crisi dei consumi e dunque della cultura del giorno d’oggi,incapace di offrire alternative per tornare a risucchiare l’interesse degli investitori.
La crisi di queste ore è la crisi della società moderna,la crisi del metropolitanesimo,della diffusa ideologia della lotta al precariato.La sintesi industriale del capitalismo avanzato si è spezzata in due tronconi,lasciando sulla carrozza ferma alla stazione tutti quelli che immaginavano una società capace di deglutire la disoccupazione in qualsiasi forma si manifestasse.Eppure questa crisi è la rottura del rapporto di produzione e ricavi,come dimostrano i buchi paurosi delle aziende incapaci di fare utili.In questa metamorfosi sociale e industriale,i vecchi esponenti della cultura marxista scompaiono giorno per giorno,come Fausto Bertinotti adesso anche la sua forma più evoluta Walter Veltroni.Il meccanismo infernale del capitalismo che si trasforma per diventare ancora qualcosa di altro che forse bene non conosciamo ha inghiottito le ipotesi delle controriforme volute dal PD,scheletri ideologici che anche i telespettatori del Grande Fratello intuiscono siano inutili.
La società marcia a tappe forzate verso nuovi orizzonti,dovendo ineluttabilmente valorizzare altri ideali culturali,speranze e certezze del futuro.Quando si cambia nessuno sta fermo alla stazione e soprattutto la sintesi ideologica non vale quella industriale che al contrario deve individuare delle soluzioni alternative che possano permettere alle aziende di continuare a fare utili.
Si deve produrre quindi,qualcosa di altro e verso altri mercati, la vecchia scuola del PCI non è forse considerata sufficiente da nessuno,la scatola è arrugginita,come i propositi della classe operaia,quella lotta al precariato che continua a produrre disoccupati mentali e non cittadini capaci di creare il proprio avvenire.
Con Walter Veltroni finisce un’era,quella della contrapposizioine ideologica,finisce l’era della cultura rivoluzionaria capace di produrre effetti benefici nella società.L’orizzonte anzi il firmamento è interamente costellato dal rinnovamento industriale e scientifico,che deve costruire strade nuove ,forme sintetizzabili e comprensibili agli uomini comuni,quelli che forse qualcuno una volta chiamava classe operaia.
La crisi delle automobili,la crisi delle case,la crisi del settore finanziario,ci stimola ad immaginare una società del futuro densa di concetti e sintesi diverse da quelle fino adesso adottate,sintesi di prodotto non tipicamente industriale,ma neutrale,che non incide nella cultura dell’uomo ma la trasporta verso ipotesi di esistenza diverse.
Questa neutralità dal prodotto e dalla ideologia non è il paradigma vincente di Walter Veltroni e della sua razza politica,che cerca negli appositi segnali acustici la risoluzione dei problemi sociali e dunque politici.Per vincere la sfida,quella di oggi e quella di domani,i leader dovranno capire come raggiungere le sintesi del nuovo corso del tempo,immaginarsi cosa accadrà fra qualche decennio nelle grandi metropoli e pensare che forse la civiltà ha bisogno di trasmigrare altrove,costruirsi davvero il luogo ideale dove continuare ad esistere senza crisi del pensiero.
Se vogliamo la crisi finanziaria è una rottura di quel rapporto che incide sulle regole del fabbisogno,quei codici inventati dal marketing,dalla pubblicità e che assumono vestigia negli status simbol del lusso o delle spa del benessere.
Se andiamo oltre e proviamo ad immaginarci domani,noi uomini,vedremo che il luogo più vicino al futuro sono le montagne innevate dove la luna splende,i sentieri sono scolpiti nelle rocce e l’acqua dei ruscelli scorre a valle.Questo per dire che la stessa natura dell’uomo dopo essersi ritorta negli ultimi millenni ha forse bisogno di riscoprire se stessa,indagare nel profondo e sentire quel vuoto delle montagne che originano gli eco delle necessità assolute.
Walter Veltroni è un negazionista,e forse quell’assolutismo industriale gli è sfuggito,e’ una membrana che riflette oscurità e non colorazioni intense su cui ispirarsi.Che cosa vuole l’uomo?
Il senso del tempo possiamo aggiungere,quel ticchettio preciso che indica la forma e la strada da percorrere,i motivi.Il tempo che Silvio Berlusconi conosce meglio degli altri perché si immagina immortale e perché ha dimostrato che ha saputo dominare questo periodo storico,inondandolo di sè stesso e dei suoi larghi successi.
Berlusconi ha creato un mondo a sua immagine e somiglianza,un teatro dove rumoeggia la sua cultura ,quella del Grande Fratello che come lui sostiene spinge ad emozioni profonde e quindi ad acquistare i prodotti della pubblicità che edulcora i temi partoriti dai protagonisti della trasmissione cult italiana.
Walter Veltroni ha abbandonato la sua schiera di accoliti,non ha saputo creare quel mondo,forse l’ha qualche volta annunciato immaginanosi le strade e la città di Roma come un grande teatro felliniano,ma non è bastato per contrapporsi alla sincerità del rito industriale e al fascino della cupidigia monetaria.La cultura rivoluzionaria non è riuscita a colmare il distacco ad essere aggressiva e ritrovare la metodologia del suo successo,non dimentichiamoci che la cultura di sinistra ha dominato il pianeta dell’altro secolo con i suoi squarci gutturali da Woodstock alla Beat generation per passare da Jean Paul Sartre.Non dimentichiamoci che il cuore dell’evoluzionismo moderno è stato pennellato e tagliato dalle avanguardie artistiche proprio sulla nostra fronte,creando alle volte panico e alle volte felicità per quelle sintesi del tempo,meravigliose e inarrivabili.
Dunque il futuro è questa sintesi fenomenologica,dove il pianeta terra gira intorno a milioni di altri corpi celesti ad altre realtà che noi tutti stiamo cercando.
Veltroni dunque ha perduto la sua battaglia ed esce sconfitto per sempre,anche perché noi tutti non siamo stati in grado di liberarci da questo imbarazzo culturale.Siamo noi cittadini delle rivoluzioni culturali, aggregati alla sintesi industriale ma forse corriamo il rischio di impadronicene oggi che la speranza dell’uomo è riposta nuovamente nella soluzione della ricerca scientifica.
Produrre o pensare,oppure produrre il pensiero.Siamo arrivati in una società che simbolicamente rappresenta il tempo con i suoi prodotti che diventano poi denaro,eppure questa macchinazione infernale non funziona come doveva,anzi si è interrotto quel filo conduttore che per lunghi secoli ha dominato le necessità dell’uomo.L’umanità prende il largo da questo infinito bailamme di cori pubblicitari,esce allo scoperto dominato soltanto dall’istinto e dalla natura primordiale.
Cosa sarà il mondo domani? L’umanità cerca una risposta a questo e forse l’immortalità di Silvio Berlusconi squarcia il tempo magmatico e individua una cornice dentro la quale lavorare,immaginarsi seduti a contemplare il vuoto da riempire.
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