ROMA 20 NOVEMBRE 2012 CORSERA.IT
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RICEVIAMO DAL DR.ANTONIO M.RINALDI IL SUO CONTRIBUTO OFFERTO AL CONVEGNO ORGANIZZATO DALLA FONDAZIONE ROMA DAL PROFESSOR EMMANUELE EMANUELE SUL TEMA CALDO DELLA CRISI EUROPEA,LA MONETA UNICA.ANCHE NOI CI UNIAMO A QUESTO SFORZO E INVIAMO I NOSTRI MIGLIORI SALUTI AL PROFESSOR EMMANUELE EMANUELE,PRESONALITA' DI ALTISSIMO PROFILO E SIMPATIA ESEMPLARE.
ALL'INTERO IL CONTRIBUTO DI ANTONIO RINALDI
RELAZIONE ANTONIO M. RINALDI
CONVEGNO 11/11/11 “PUO’ L’ITALIA USCIRE DALL’EURO?”
Un ringraziamento alla Fondazione Roma nella persona del
suo Presidente, Prof. Emmanuele Emanuele, perché ha avuto il
coraggio di promuovere un così prestigioso Convegno con un
tema così forte, rompendo per la prima volta un tabù.
L’ubriacatura, la grande sbornia europea è passata, è possibile
parlare senza preconcetti e liberamente con l’esperienza sul
campo dopo 10 anni di convivenza con la moneta unica anche alla
luce di tutto quello che stà avvenendo da questa estate. Da
qualche mese ci siamo accorti del lato oscuro della moneta unica,
anzi è il caso di dire del rovescio della medaglia, quello che non
avevamo ancora capito, o più realisticamente quello che sarebbe
un giorno inevitabilmente accaduto. Siamo passati da uno stato di
euro-euforia ad uno di euro-sconforto.
Può l’Italia uscire dall’euro? Per poter tentare di dare una
risposta, consentitemi alcune considerazioni preventive. Sono un
europeista convinto, ho sempre creduto nel grande progetto di
integrazione come l’unica via percorribile, però devo dire con la
stessa sincerità che sono estremamente deluso, come credo la
maggioranza dei presenti, per come sono poi andate le cose.
Perché vedete, la moneta unica era un’idea meravigliosa,
geniale, coraggiosa, ma che è stata gestita nel peggiore dei
modi possibile nella sua costruzione e nella sua
realizzazione, per non parlare poi di come noi italiani vi
abbiamo aderito. Peggio di così non sarebbe stato possibile.
Ormai si può dire apertamente: al momento dell’adesione
abbiamo accettato tutte le imposizioni franco-tedesche, ed in
particolare sottolineo le tedesche, in modo supino, senza alcuna
possibilità di negoziazione, legando il nostro paese mani e piedi
a regole ed a meccanismi capestro.
E chi controbatte che saremo dovuti entrare e a tutti i costi,
non si rende conto che i nodi sarebbero un giorno arrivati in ogni
caso al pettine e con interessi altissimi per aver accettato quelle
condizioni, e non si rende neanche conto che senza la nostra
partecipazione, il disegno di dotare l’Europa di un’unica
moneta sarebbe rimasto incompleto, e che quindi avremo
potuto avere più di un argomento per farci sentire e soprattutto
rispettare.
Chi afferma che oggi con la lira saremo senz’altro peggio dopo
il default della Grecia, non comprende che il vero problema è che
proprio
Chi sono stati quei pazzi scellerati che hanno permesso la sua
adesione sin dall’inizio?
Ci siamo ritrovati dalla sera alla mattina in tasca una moneta
fortissima ma con poco potere d’acquisto, mentre prima
avevamo, è vero una moneta debolissima, ma con un potere
d’acquisto formidabile! E’ inutile che i vari rapporti e statistiche
ufficiali ci vogliano convincere che negli ultimi 10 anni il potere
d’acquisto reale delle famiglie è stato eroso solo del 7%. Il
potere d’acquisto percepito dalle tasche dei cittadini è almeno
diminuito di un buon 50% con l’ormai triste rapporto 1 euro,
1000 lire. Chi afferma il contrario non è mai andato in un
mercato a comprare neanche un chilo di zucchine!
Abbiamo purtroppo capito troppo tardi che l’Euro è risultato
essere più uno strumento di laboratorio, concepito in qualche
stanza della Bundesbank, una sorta di prodotto transgenico,
geneticamente modificato, ideale per fungere da volano a pure
operazioni finanziarie e favorire aggregazioni societarie, che
come mezzo a supporto dell’economia reale ed alle effettive
esigenze di 330 milioni di cittadini europei.
Ci siamo anche accorti troppo tardi che la moneta unica doveva
essere il complemento finale ad una effettiva integrazione, e
non il mezzo per poterla raggiungere. Un po’ come quando si
mette la ciliegina sulla torta, si mette sempre alla fine.
A più di vent’anni dal progetto di aggregazione monetaria
ancora non c’è nulla di integrato in quest’Europa. Sistemi fiscali,
amministrativi, e soprattutto politici ancora troppo distanti,
legati solamente da una moneta che chiamiamo Euro, ma che in
effetti è il marco a tutti gli effetti, e governato come se lo fosse.
Abbiamo fatto sacrifici per poter avere un giorno una moneta
che ci riscattasse e ci mettesse al riparo dai nostri atavici problemi,
dall’inflazione, dalla svalutazione, che imbrigliasse
definitivamente il nostro debito pubblico, dalle crisi finanziarie
e soprattutto che fosse finalmente da stimolo per effettuare
quelle tanto auspicate riforme in ogni campo, ma che mai
nessuno era riuscito a realizzare. Ci abbiamo fermamente creduto.
Tutto questo però non è assolutamente avvenuto.
L’inflazione è tornata alta, i tassi sono ritornati quelli ai tempi
della lira, il debito pubblico è continuato a salire e di riforme
neanche l’odore! Ed in più le uniche armi che avevamo a nostra
disposizione, la possibilità di manovrare il tasso di cambio e
aumentare la nostra base monetaria, cioè di stampare moneta, ci
è preclusa, visto che dal 1 gennaio 1999 viviamo in regime di
cambio fisso irrevocabile e la massa monetaria viene decisa
esclusivamente dalla B.C.E. a porte chiuse. I vantaggi tanto
promessi e sperati sono svaniti nell’arco di questi ultimi mesi. Ci
sentiamo tutti più poveri, ma soprattutto senza una speranza
futura per noi e per i nostri figli.
Chi ci ha legato a questi meccanismi non ha mai preso in
considerazione che ci saremo esposti anche ad enormi rischi e
ci saremo consegnati completamente ad altrui voleri?
Pensavano forse ingenuamente che se ci fossimo attaccati al
grande carro europeo condotto da un vetturino tedesco e a un
palafreniere francese, avremmo risolto per incanto i nostri
problemi? Sia chiaro che di colpe ne abbiamo anche noi, ma la
responsabilità maggiore nel vedere lo scempio irrazionale di
questi giorni sui nostri titoli, è di Berlino.
Della loro incapacità a gestire i problemi finanziari dei paesi in
difficoltà ad iniziare dalla Grecia. Noi gli impegni li abbiamo
sempre onorati, è il caso di dirlo, sempre fino all’ultima lira! E
non si capisce come mai il mondo all’improvviso si è accorto
che abbiamo un debito di 1899,5Mld di euro pari al 118,6% del
PIL da almeno un anno. Anzi siamo gli unici ad avere un avanzo
primario, cioè al netto degli interessi spendiamo meno di quanto
incassiamo! Misteri della finanza globalizzata! Si sono accorti
all’improvviso che se cade l’Italia cade il Mondo, ma vorrei
sapere perché quando si trattava di prendere le decisioni sulla testa
di tutti neanche ci hanno mai consultato, non contavamo niente.
Nessuno ha capito a suo tempo che la moneta unica nacque
da un accordo, lo chiamerei più un baratto, frà
Mitterand e
riunificazione dopo la caduta del Muro. Il marco stava alla
Germania come la bomba atomica nell’armamento francese. Ed
hanno sempre continuato a decidere sulla base di quell’accordo.
Il Trattato di Maastricht è la certificazione, la risultante di
quel patto. Regole a senso unico, disastrose ed impraticabili per
gran parte degli altri paesi costretti di fatto ad aderire pur di non
morire, con strutture economiche con DNA profondamente
diverse da quelle tedesche e francesi.
Piccola ed amara curiosità: durante, chiamiamoli così, regni di
Mitterand e di Kohl (con staffetta Chirac dal 1995), noi italiani
siamo stati guidati, si fa per dire, da ben 17 capi di governo e
dalla confusione delle maggioranze variabili di 6 legislature.
Forse è stato anche per questo che ci hanno sempre
considerato inaffidabili da non poter mai entrate nella stanza dei
bottoni.
Eppure siamo da sempre la terza economia europea con quasi
un quinto dell’intero PIL totale, e la seconda impresa
manifatturiera dopo
Italia che in Cina! Non capiscono che senza di noi perirebbero
anche loro.
Quindi se questo benedetto euro non funziona come dovrebbe,
sul banco degli imputati, bisogna metterci a pieno titolo il
Trattato di Maastricht, scritto dal direttorio ormai palese
franco-tedesco, che ha tenuto conto solo di parametri e numeri
a loro storicamente favorevoli. E soprattutto l’intransigente
Germania non ha mai rinunciato alla sua politica monetaria,
tesa esclusivamente al contenimento dell’inflazione, con metodi
e strumenti che oserei chiamarli ormai da economia jurassica,
come il tenere i tassi reali alti e ad un ossessivo controllo della
base monetaria.
Cari Signori economisti tedeschi, lasciatevi alle spalle i ricordi
della Repubblica di Weimar, e la cieca presunzione di esportare
oltre i vostri confini questo modello economico, perchè ha
provocato solo disastri che ben presto si ritorceranno anche
contro di voi! Volete sapere perché? Ve lo dimostro. L’impianto
su cui regge tutta la costruzione ed il mantenimento della
coesione monetaria, si basa solo ed esclusivamente sui parametri
espressi dal debito pubblico e dal Prodotto interno Lordo.
Il Pil ormai non è più da tanto considerato un indicatore
dell’effettivo stato di salute di un paese, e finalmente l’ISTAT e il
CNEL stanno elaborando indici che esprimono anche il
benessere equo e sostenibile.
Senza considerare poi che esiste anche un buon 20% di Pil
italiano sommerso e quindi non evidenziato dai numeri ufficiali.
Anche perché se fosse alla luce del sole, oltre ad alimentare
introiti fiscali più cospicui che si tradurrebbero in una
diminuzione delle aliquote per tutti, il famoso rapporto debito
pubblico/PIL scenderebbe dall’attuale 118,6% a meno del 99%.
Per quanto riguarda il capitolo debito pubblico il discorso è
ancora più complesso.
Per prima cosa il debito pubblico per Maastricht e successivo
Patto di Stabilità e Crescita, significa solo la somma dei
deficit accumulati, ma non la situazione debitoria aggregata
e reale dell’intero paese. Cosa vuol dire? Vuol dire
semplicemente che per i tecnici di Maastricht un paese come
l’Olanda è da considerare un paese frà i più virtuosi, visto che il
famoso rapporto debito pubblico Pil è vicino al 60% (63%) cioè
rientra nei binari del Trattato, ma se aggiungiamo anche il debito
detenuto dalle imprese pari a 96% del Pil ed a quello delle
famiglie pari al 74%, questo rapporto aggregato sale ad un più
realistico 233%. Se si continua in questo esercizio di
riclassificazione, ci accorgiamo che l’Irlanda conquista il primo
posto assoluto con un 316%, (96+133+87) eppure sempre per
Maastricht non è così drammatico come quello italiano o greco.
Ed ancora
l’Italia arriverebbe al 221% con 118,6+71+32 scendendo dal
secondo posto attuale, al settimo.
82+52+50. Della Grecia posso dire che il debito delle imprese è
del 40% e quello delle famiglie del 41%, ma non saprei indicare
quello effettivo del debito pubblico! (Dati elaborati da Standard
& Poor’s).
Quindi il problema numero uno per Maastricht risiede solo
ed unicamente dall’entità dei debiti pubblici e basta, come se i
debiti delle imprese e delle famiglie non fossero un altrettanto
enorme problema, visto che gravano essenzialmente sul sistema
bancario, il quale abbiamo visto poi essere sempre prontamente
supportato con rapidi e generosissimi, ed a volte silenziosi, aiuti
statali.
Non ci hanno pensato i tecnici di Maastricht a questa più che
ovvia, equa e realistica visione o ha fatto comodo a qualcuno
queste dimenticanze? Ma soprattutto è possibile che nessuno dei
nostri rappresentanti si è rovinato i pugni sul tavolo per farlo
mai presente all’atto della stesura? Stiamo subendo sulla
nostra pelle e soprattutto a discapito delle nostre tasche la
sommatoria di questi paradossi insiti nel Trattato.
Attualmente il Patto di Stabilità è rispettato solo dalla
Finlandia, Estonia e Lussemburgo e dai paesi ancora non
eurodotati come Danimarca e Svezia, che mi risultano non
essere mai stati euroforici! E’ stata concepita per questi paesi
l’Europa che volevamo costruire?
Altro elemento incomprensibile del Trattato stesso risiede nel
fatto che ognuno deve gestire in proprio il debito pubblico, ma
con politiche monetarie dettate esclusivamente e solo dalla
B.C.E. Ora visto che il Trattato individua nel 60% il limite
massimo tollerabile del rapporto debito pubblico/Pil, sarebbe
stato più logico, più credibile, che i titoli dei debiti pubblici fino al
concorso per l’appunto del 60% in relazione al proprio Pil,
fossero stati solidali, cioè garantiti da tutti i paesi membri. Una
sorta di Eurobond iniziale, titoli con un bollino blù di garanzia
europea, uno zoccolo comune di debito pubblico, mentre
l’eccedenza oltre il 60% di ciascun stato, sarebbe stato gestito
autonomamente con precise e rigide regole. Certo da questa
decisione ne avrebbero tutti tratto un vantaggio in termini di tassi
più bassi, tranne naturalmente un solo paese:
ritrovandosi a garantire in solido un montetitoli a tassi medi più
alti dei propri. Sarebbe stato un messaggio fortissimo al mondo
ed ai mercati finanziari sulla solidità e credibilità del progetto
europeo. E non ognuno per se e Dio per tutti come ora avviene,
anche perché il risultato di questa mancata realizzazione è la
creazione tardiva di strumenti come i vari Fondi Salva Stati, i
cui esiti e costi sono ora molto più onerosi ed incerti rispetto
all’ipotesi sopra esposta.
Lo stesso Trattato poi genera un meccanismo perverso,
altro che circolo virtuo
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