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CORSERA VIMINALE FRANCESCO LA MOTTA IN AFFARI CON TARTAGLIA IL BROKER DELLA CAMORRA

ROMA - I soldi dello Stato e quelli della camorra investiti in Svizzera dallo stesso mediatore e nella medesima banca. Non si sa che fine abbiano fatto i dieci milioni del Fec (Fondo edifici di culto), dopo essere stati consegnati dal prefetto Francesco La Motta al broker Rocco Zullino, su consiglio del produttore cinematografico Eduardo Tartaglia. Martedì, mentre gli uomini del Ros alla ricerca di quel denaro perquisivano su richiesta della procura di Roma l’abitazione e l’ufficio dell’Aisi di La Motta, in pensione da due mesi, ma ancora con una consulenza all’Agenzia informazione sicurezza interna, i pm di Napoli fermavano Zullino e Tartaglia, che di La Motta è anche cugino, con l’ipotesi di riciclaggio e favoreggiamento del clan dei Polverino. E dalla richiesta di convalida del fermo, firmata dai pm partenopei, emergono altri sospetti sul ruolo del prefetto, indagato a Roma per corruzione e peculato, che avrebbe girato informazioni ai clan sulle indagini in corso. Al Viminale intanto una commissione, istituita dall’ex ministro ..... Anna Maria Cancellieri, sta cercando di verificare se qualcun altro, oltre a La Motta, sapesse che quell’investimento, partito con l’ok dello stesso ministero, fosse tutt’altro che regolare e se ce ne fossero anche altri. Non è chiaro, poi, se i soldi siano stati realmente investiti nella Banque Hottinger o se quel marchio venisse utilizzato illegittimamente dal broker, per attirare i clienti. Certo è che gli estratti conto e i rendimenti venivano alterati, tanto che da un’intercettazione emerge che altri prefetti del Fec sapevano e, già a maggio, volevano contezza degli investimenti. I CLAN L’indagine dei pm napoletani riguarda un business da 7milioni e 200 mila euro che il clan Spallino realizza a Quarto Marano (Napoli) fornendo alla Ipercop una struttura, chiavi in mano grazie a una serie di passaggi corruttivi che coinvolgono tutta la burocrazia locale. I soldi, con la mediazione di Tartaglia, finiscono Oltralpe, nelle mani di Zullino. Ed è nell’ambito di quell’inchiesta che salta fuori il nome di La Motta e la notizia che anche il Viminale si era rivolto al broker delle cosche. È la gola profonda Roberto Perrone, imprenditore, componente del clan camorristico Polverino a riferire agli investigatori del ruolo rivestito dall’ex vice capo dell’Aisi: «Eduardo Tartaglia, tramite il cugino, prefetto La Motta dei servizi segreti ci informava delle indagini». Si legge nella richiesta di convalida del fermo: «Numerose sono risultate le conversazioni intervenute tra Eduardo Tartaglia e Rocco Zullino aventi a oggetto un investimento eseguito dal ministero dell’Interno, in particolar modo dal Dipartimento per le libertà civili e per l’immigrazione (dal quale dipende il Fec). Non è ancora chiara la natura del consistente impiego di denaro pubblico presso la Hottinger, ma è oltremodo evidente l’imbarazzo degli interlocutori nell’affrontare le conversazioni relative alla vicenda». IL VIMINALE È maggio quando dal Viminale chiedono conto a Zullino degli investimenti, il broker racconta a Tartaglia di avere sentito la dottoressa Paolillo che le ha chiesto un appuntamento. «Come mai? Perché?», si interroga. «Perché adesso - risponde Zullino - hanno ricevuto la posizione, hanno visto che c'è questa discrepanza e vogliono capire bene se c'è. Guarda che la cosa ormai è così e precisa. Hanno chiesto anche l'appuntamento a Zurigo, tutte le cose, quindi...diglielo anche a Franco. E ormai qui è inutile. Vogliono vedere tutti i movimenti, tutte le cose, di qua, di là.... Ormai la cosa è partita, che cazzo vuoi che ti dica, prima o poi queste cose vengono fuori, non sta neanche più dentro le mie mani. Questi stanno scrivendo, che gli devo dire, me li sono presi io? Me li sono presi io, Edo?» E Tartaglia: «No. Perché chi l'ha presi...come si fa a dimostrare?» Il broker conclude: «Ricominci di nuovo a fare sti discorsi, ci sono gli ordini di bonifico, cioè ci sono gli ordini di prelevamento. Che cazzo vuoi che ti dica». Alla fine Zullino teme le denunce e minaccia Tartaglia. «Guarda che in occasione della prossima visita fissata con il prefetto Roberto Falzone, (dirigente del Fec ndr) rivelerò le oscure trame intrecciate da te e dal prefetto La Motta».

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