Roma 23 Settembre 2013 Corsera.it
Il governo di Enrico Letta,si appresta a varare un decreto per rifinanziare le missioni di pace all'estero e per evitare che il deficit del 2013 sfori il parametro del 3%.L'incongruenza del Governo e' quella di ottenere liquidita' dalla vendita degli immobili dello Stato,che a ragione,dovrebbe concludersi con un flop,dal momento che a causa dell'irrigidimento fiscale sui beni immobiliari,il mercato italiano e' nel pieno di un vortice ribassista,le imprese edili sono in affanno e l'intero comparto muore giorno dopo giorno.A Londra gli immobili fanno scintille e trainano l'intera economia della metropoli e del paese,qui,la miopia di Enrico Letta,del suo esecutivo e prima di lui di Mario Monti,ha messo in ginocchio il paese,che torna allo scambio traducendo i valori dall'euro alla lira e riaffiora,sempre piu' minaccioso il mercato nero,come unica fonte di sostentamento per molti italiani.Non c'e' dramma peggiore delle scelte improvvide,come quella di immettere sul mercato le proprieta' dello Stato,procedendo ad una svendita generalizzata e continuando a depauperare cosi' il patrimonio dei cittadini italiani.Enrico Letta e' ormai in fin di vita,logorato dalla spinta convulsa delle parti politiche,ma sopratutto,perche' in evidenza,la sua politica economica ha deluso un po' tutti,incapace di trovare soluzioni organiche alle esigenze del paese e di dare quel colpo di spalla,al rigore teutonico della Germania merkeliana.Inutile spendere parole su questo esecutivo,che come una fornace sforna torte avvelenate.L'economia del paese e' asfissiata dai fumi dei teatranti della politica,se non ci fosse il gusto per qualche battuttaccia di Beppe Grillo,qui e' da piangere per tutti. Un decreto per finanziare le missioni di pace all’estero e soprattutto per mettere in sicurezza il deficit 2013, come richiesto dall’Unione europea:
andrà con tutta probabilità già al Consiglio dei ministri di venerdì, al rientro del presidente Letta dal Nordamerica, che sarà anche l’ultima occasione per decidere il rinvio dell’aumento Iva altrimenti destinato a scattare quattro giorni dopo.
Il pacchetto vale complessivamente circa 2 miliardi: 1,6 servono per far scendere il rapporto tra disavanzo e Pil dal 3,1 al 3 per cento, poco più di 300 milioni per assicurare nell’ultimo trimestre dell’anno il proseguimento delle attività dei militari italiani: naturalmente se dovesse essere aggiunto il capitolo Iva il conto salirebbe a 3 miliardi. Ma la priorità assoluta per il ministro dell’Economia è chiudere in tempi rapidi la partita con l’Europa, evitando che possano restare dubbi sul rispetto degli impegni da parte del nostro Paese.
IL BLOCCO DELLE SPESE
Come trovare questi soldi in un momento così delicato, quando mancano tre mesi alla fine dell’anno e dunque le principali voci di bilancio sono in larga parte già compromesse? È questo il rebus a cui stanno lavorando intensamente gli uffici legislativi e la Ragioneria generale dello Stato. Il provvedimento dovrebbe avere almeno in parte la fisionomia di un "taglia-spese", che blocchi in modo certo ed automatico alcune uscite di fine anno. Si guarda in particolare ad una serie di autorizzazioni di spesa relative ad investimenti per opere non di immediata attuazione. Sono poi sempre possibili almeno sulla carta ulteriori interventi sui bilanci dei ministeri, inevitabilmente però di portata limitata in questa fase avanzata dell’anno.
LA CARTA DI RISERVA
Ma in queste ore si sta valutando anche qualche carta di riserva. Ad esempio le cessioni di immobili, che a differenza di quanto avviene per le privatizzazioni societarie (che vanno solo a beneficio del debito) incidono sul disavanzo di competenza, seppur come voci una tantum. Siccome però la cessione di immobili richiede tempo, l’entrata, circa un miliardo, potrebbe essere anticipata della Cassa Depositi e Prestiti, che ha dato vita ad un fondo per la valorizzazione immobiliare di uguale importo e dal punto di vista contabile è esterna al perimetro della pubblica amministrazione.
Allo stesso modo richiede tempi lunghi l’operazione di rivalutazione delle quote della Banca d’Italia, a cui è favorevole il ministro Saccomanni: in questo caso però, visto che tra l’altro è richiesto un passaggio alla Bce, sarebbe complicato accorciare le procedure in modo tale da chiudere l’operazione entro l’anno.
Il governo guarda invece con molta cautela agli interventi sulle entrate, che comunque presentati avrebbero il sapore di un inasprimento a carico dei cittadini. Le leve possibili sono sempre le stesse. La via più facile è quella degli aumenti di accise, che assicurano introiti immediati; la controindicazione è che nelle scorse settimane sono già stati fatti vari ritocchi, in particolare per quel riguarda alcolici e tabacchi. Altrimenti si tratta di mettere in campo anticipi di imposta sotto varia forma. Con il decreto che ha fatto slittare l’aumento dell’Iva è stata già incrementata la misura dell’acconto di novembre per Ires, Irpef e per i versamenti delle banche. Ulteriori interventi sono previsti come clausola di salvaguardia nel provvedimento sull’Imu e potrebbero essere attivati in caso di necessità.

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