Roma 9 OTTOBRE 2013 CORSERA.IT di Matteo Corsini
Italia rischio default.Tutto quello che Enrico Letta non vi dice.
Italia crisi euro il rischio e' il default parziale del debito pubblico italiano,una sforbiciata (hair cut n.d.r.) che potrebbe far crollare il valore dei titoli di Stato.Pochi ne parlano ma la comunita' finanziaria internazionale e' sicura,l'Italia corre dritta dritta nell'imbuto del default parziale del suo debito pubblico.A rischio ci sono un milione di posti di lavoro nel pubblico impiego,perche' la Grande Crisi del debito,portera' a tagliare i posti di lavoro,che fino ad oggi,non sono mai stati toccati.Italia come la Grecia la Grecia come l'Italia.Soltanto il default condurra' al taglio dei costi della cosa pubblica.La crisi economica che sta attraversando l'Italia non consentira' a lungo di reggere l'esposizione del fardello del debito,i suoi giganteschi interessi.L'unica alternativa,di cui nessuno parla,e' una patrimoniale da 100 miliardi di euro annui,per i prossimi sette otto anni.Patrimoniali a tappeto su ogni genere di bene e di ricchezza degli italiani.Il barometro che segnala questa minaccia e' sicuramente il mercato immobiliare,ormai sceso ai valori del pre ingresso lira.La politica e' assente,le bocche sono cucite,ma il terremoto si abbattera' proprio sui dipendenti pubblici,nessun posto di lavoro e' ormai al sicuro.Il default del debito pubblico italiano e' piu' che una realta' ad oggi.Il trend economico non si potra' cambiare nei prossimi mesi e nei prossimi anni,il disastro dei fallimenti e' un ecatombe di risorse umane.Si perdono le fabbrichi,chiudono le imprese edili,il potere di acquisto degli italiani diminuisce giorno dopo giorno.E' l'Italia del si salvi chi puo',l'Italia che non ha futuro se non nella disperata ricerca di una banca centrale autonoma,che possa immettere finanza e ridare linfa vitale all'economia dissanguata.Nessuno ne parla,tutti stanno con la bocca cucita,eppure la comunita' finanziaria internazionale scommette su questo rischio inevitabile. ROMA - Cittadini italiani in fondo alla classifica sui saperi essenziali per orientarsi nella società del terzo millennio. E in Italia, si ritorna a parlare di analfabetismo funzionale. Non importa, in altre parole, se gli italiani sanno tecnicamente leggere, scrivere e far di conto. Ma l'uso che sono in grado di fare delle informazioni che possono acquisire anche attraverso le tecnologie digitali. Nell'ultima classifica stilata dall'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), e diffusi oggi dall'Isfol, sulle competenze principali degli adulti il nostro Paese figura all'ultimo posto. Ci piazziamo in fondo alla classica - ultimi tra 24 paesi - per competenze in lettura e al penultimo posto sia per competenze in matematica sia per capacità di risolvere problemi in ambienti ricchi di tecnologia, come quelli delle società moderne.
L'ANALISI DI TITO BOERI
Una maglia nera che preoccupa la politica e che fa il paio con gli scarsi risultati dei quindicenni italiani nei test Ocse-Pisa in lettura, matematica e scienze. "I dati dell'Indagine PIAAC (Programme for the international assessment of adult competencies) dell'Ocse sono allarmanti e impongono un'inversione di marcia", dichiarano Enrico Giovannini e Maria Chiara Carrozza, rispettivamente a capo del dicastero del Lavoro e delle politiche sociali e del ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. "Desta particolare preoccupazione - continuano - la condizione dei cosiddetti Neet, giovani che né studiano né lavorano: l'abbandono precoce dei percorsi di formazione rischia di pregiudicare il loro futuro, i dati Ocse lo dicono chiaramente".
"Così come - concludono i due membri del governo Letta - è evidente che in Italia c'è un capitale femminile sottoutilizzato sul piano professionale, uno spreco di risorse e talenti che il nostro Paese non può più permettersi". Ma quali sono le competenze indagate dall'Ocse? E a quale livello siamo in Italia? Per quanto riguarda la literacy proficiency, gli esperti parigini hanno preso in considerazione le capacità degli adulti di età compresa fra i 15 e i 65 anni "di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità".
Una competenza che prescinde dalla semplice capacità strumentale di leggere e scrivere. E in un mondo che utilizza ormai dati, tabelle e grafici per illustrare tantissimi aspetti della vita comune - dallo spread che, ci dà indicazioni sulle condizioni della nostra economia, alle previsioni del tempo - non sapere "accedere, utilizzare, interpretare e comunicare le informazioni numeriche", la numeracy proficiency , si trasforma in un gap considerevole per i cittadini italiani alle prese con una delle più gravi crisi del mercato del lavoro degli ultimi trent'anni. Nel Belpaese arranchiamo anche per capacità dell'uso delle tecnologie digitali e quelle offerte dalle reti internet "per acquisire informazioni, comunicare e svolgere compiti pratici".
Oltre un quarto degli italiani, il 28%, si piazzano a livello più basso, o addirittura al di sotto di tale livello, per competenze in Lettura. Percentuale che scende al 15% nei paesi Ocse e al 12% in Norvegia. Quasi un terzo della popolazione che leggendo un libro o qualsiasi altro testo scritto riesce ad interpretare soltanto informazioni semplici. Stesso discorso quando occorre confrontarsi con dati, tabelle e grafici. Gli italiani che si piazzano ai livelli più bassi - al primo livello o sotto il livello più basso - sono addirittura 32%. In Spagna che ci contende il gradino più basso sono il 31 per cento abbondante. La Finlandia si piazza al secondo posto col 13 per cento e il Giappone è in testa con appena l'8 per cento di adulti con scarse competenze matematiche.
"La clamorosa bocciatura emersa oggi dal rapporto Ocse-Isfol - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - conferma quello che il sindacato sostiene da tempo: occorre prima di tutto agire con urgenza per rendere obbligatoria la frequenza della scuola sino alla fine delle superiori. Poi è indispensabile restituire ai nostri allievi quel 10 per cento di tempo scuola sottratto nell'ultimo con le riforme Gelmini e infine - continua il sindacalista - invertire il trend dei cosiddetti Neet, quei 2 milioni e mezzo di giovani che vivono le loro giornate senza studiare né lavorare".

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