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CAMPIONATO DEL MONDO GIANCARLO ABETE AFFONDA L'ITALIA GIOCATORI ARROSTITI COME CALDARROSTE

Rio de Janeiro 22 Giugno 2014 Corsera.it dal nostro corrispondente Juao Pinto Paliver Non c'e' dubbio che la debacle italiana sia da attribuire alle condizioni climatiche.Quella di Prandelli e' un'ottima squadra,ma l'Italia e' arrostita dal clima torrido con umidita' insopportabile.A dover fare i conti con le sconfitta italiana non sono certamente i nostri giocatori o il ct Prandelli,semmai i dirigenti della Federcalcio italiana che non hanno saputo sostenere il calendario della nostra squadra nazionale.Giancarlo Abete e' sul tavolo degli imputati,mi domando cosa ci stia a fare con uno stipendio milionario a capo della Federcalcio italiana se i nostri giocatori muoiono soffocati come caldarroste.Si potrebbe dire la stessa cosa anche per la Germania che ieri ha rischiato di uscire dal mondiale con una clamorosa sconfitta a firma del Ghana.Nelle ultime in Italia infuria la polemica sul modulo Prandelli,sull'unica punta Balotelli,quando tutti abbiamo visto che il nostro goleador si abbeverava come un ciuco stanco.Per non dire del fenomeno Pirlo abbattuto dal caldo sferzante,la calura insopportabile che ha sderenato ogni nostro giocatore.Contro l'Uruguay si giochera' ad un orario impossibile,roba da traversata del deserto senza acqua e senza cibo.A fare i conti con l'Italia e' soltanto Giancarlo Abete,la Federazione italiana gioco calcio che non conta niente a livello internazionale acquiescente alle direttive di Blatter e della FIFA.Stare a capo della Federazione italiana giouco calcio significa saper imporre il nostro paese tra le squadre leader di un campionato del mondo,al contrario siamo stati relegati a giocare nel girone dantesco dell'Inferno. Gli assenti, quando le cose vanno così male, hanno sempre ragione. Soprattutto se sono capocannonieri del campionato di serie A (con 22 gol senza rigori). Ciro Immobile non è entrato contro la Costa Rica nonostante il suo ingresso fosse nei piani del c.t. Prandelli, probabilmente al posto di Balotelli (14 gol con tre rigori in campionato): il cambio chiesto da Claudio Marchisio ha fatto propendere per l’ingresso di Alessio Cerci, ma questo non placa le accuse di «immobilismo» che sono cadute addosso al commissario tecnico dalle piazze italiane, virtuali e reali, che hanno assistito con stupore alla preoccupante prestazione contro i centroamericani. Adesso che incombe la formidabile coppia Suarez-Cavani il timore è che la differenza si veda proprio là dove noi sembriamo meno attrezzati: in attacco. Lo stesso Prandelli a fine gara non ha nascosto la delusione per lo scarso apporto di chi invece dalla panchina è entrato «per lavorare tra le linee e mettere in difficoltà gli avversari»: oltre a Cerci, anche Cassano e Insigne. Sarà abbastanza difficile rivedere uno dei tre dal primo minuto contro l’Uruguay. Martedì sarà rivoluzione, probabilmente anche nel segno di Ciro, che potrebbe giocare accanto a Balotelli. Venerdì all’Arena Pernambuco Mario ha fallito, con quel pallonetto sbilenco sullo 0-0, la possibilità di confermarsi decisivo dopo il gol all’Inghilterra, ridando così argomentazioni piuttosto solide a chi non lo considera un giocatore capace di spostare gli equilibri per due partite di fila ad alto livello: «Se Balotelli avesse sfruttato quelle due occasioni la partita sarebbe cambiata - ha ammesso abbastanza sconsolato il c.t. - ma i suoi movimenti d’attacco sono stati buoni. Il problema è che è stato servito troppo poco». I numeri della partita con il Costa Rica in questo senso sono chiari: Mario soprattutto nella ripresa non è mai stato cercato dai compagni in maniera adeguata e non solo per colpa sua: l’Italia si è persa in una ragnatela di passaggi asfittici senza trovare mai la giusta profondità o il varco buono. Ma altri dati, come il quoziente tiri/gol della punta azzurra nelle ultime quattro stagioni, parlano altrettanto esplicitamente: Balotelli (rigori esclusi) segna un gol ogni otto conclusioni, una media non da grande attaccante internazionale. O quantomeno non da attaccante «intoccabile». La tentazione Immobile, che a certi livelli non ha riscontri ed è comunque un’incognita, si basa anche sulle suggestioni del passato, da Paolo Rossi ‘78, a Totò Schillaci ‘90. Ma quel che conta è il presente. «Se Prandelli è pronto a rivoluzionare la squadra e a passare eventualmente al 3-5-2, Ciro e Mario possono giocare assieme - sostiene Aldo Serena, tra gli attaccanti azzurri in campo a Italia ‘90 -. Contro l’Uruguay ci basta il pareggio ma non possiamo entrare in campo puntando a questo. Dobbiamo sfruttare piuttosto la loro necessità di vincere, per colpirli in contropiede. E in questo il giocatore più adatto a trovare la profondità e ad attaccare gli spazi è sicuramente Immobile». A esplicita domanda, sulla coabitazione tra i due attaccanti, Prandelli aveva risposto in modo alquanto perplesso, per non dire negativo. Ma il contesto era quello del 4-1-4-1 utilizzato dagli azzurri nelle prime due partite. Adesso, con l’infortunio di De Rossi e il flop di altre alternative, lo scenario è cambiato radicalmente: «E ne può trarre giovamento lo stesso Balotelli - sottolinea Serena - al quale è sempre piaciuto fare un movimento maggiore sul fronte d’attacco. Del resto tutti devono partecipare alla fase di non possesso e in questo senso le squadre sudamericane o centroamericane sono esemplari, perché gli attaccanti fanno grande pressing e si muovono molto». Il testa a testa contro Suarez e Cavani rischia di essere impietoso. Ma anche no. Basta darsi una mossa finché si è in tempo.

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