I listini europei chiudono contrastati alla vigilia della conferenza stampa di Mario Draghi che spiegherà le scelte del board della Bce, chiamato alla sua ultima riunione dell’anno. Un’attesa che spinge ancora il comparto obbligazionario sovrano, con i Btp che infrangono al ribasso la soglia psicologica del rendimento al 2% sul mercato secondario mentre l’euro torna a indebolirsi: un trend che se confermato garantirebbe allo stato un risparmio di 6 miliardi sugli interessi sul debito da pagare nel 2015.
Piazza Affari, quindi, si rafforza con il Ftse Mib che chiude in rialzo dell’1%. A Milano si guarda a Saipem, che manca il rimbalzo dopo aver perso quasi l’11% all’indomani dell’annuncio del presidente russo Vladimir Putin di voler stoppare la costruzione del gasdotto South Stream. In evidenza Telecom, con l’ad Marco Patuano che sostiene che in Brasile “non ci sia fretta” per agire, ed Fca dopo le vendite in rialzo negli Usa. Positive le banche popolari. Poco mosse le altre Borse europee: Francoforte cresce dello 0,38%, Parigi dello 0,08%, mentre Londra arretra dello 0,38%.
Poco mossa, ma ancora in crescita dopo i record,
Wall Street: il Dow Jones ha guadagnato lo 0,18% chiudendo a 17.912,62 punti, il Nasdaq è avanzato dello 0,39% a 4.774,47 punti e l’indice S&P 500 è salito dello 0,38% a 2.074,33 punti. Sui listini americani pesa la ricca agenda macro, a cominciare dalla creazione di 208mila posti di lavoro nel settore privato; il dato Adp è inferiore alle attese degli analisti per 223.000 nuovi impieghi. Si attende ora il report completo sul mercato del lavoro di venerdì, intanto la domanda settimanale di mutui arretra del 7,3%. La produttività dei lavoratori americani è cresciuta nel terzo trimestre al ritmo del 2,3%, anzichè del 2% come indicato in via preliminare un mese fa, ma meno delle attese per una rilettura al 2,5%. L’Ism del settore dei servizi è salito a 59,3 punti a novembre, sopra le attese. Nella serata italiana, inoltre, arriverà la pubblicazione del beige book della Fed potrà dare ulteriori indicazioni sul rafforzamento economico degli Stati Uniti e sulle decisioni della Banca centrale di Washington in tema di politica monetaria.
L’euro, intanto, chiude in calo a 1,2318 dollari dopo aver toccato un minimo da 27 mesi a 1,2301 dollari. La robustezza dell’economia Usa e le prospettive di un rialzo dei tassi continuano a sostenere il biglietto verde, che aggiorna inoltre a 119,77 yen il proprio massimo da sette anni sulla divisa nipponica. Cambio euro/yen a 147,42. Sulla moneta europea pesano anche i deludenti dati sui Pmi compositi dell’Eurozona. Nuovo record negativo del rublo sul dollaro, nonostante l’intervento lunedì della banca centrale con 700 milioni di dollari: stamani la divisa russa stata indicata fino a 67,64 per un euro e a 54,70 per un dollaro, da inizio anno si è svalutata di oltre il 40% rispetto alla moneta europea e di oltre il 60% nei confronti del biglietto verde (le valute). Lo spread Btp-Bund è in calo: il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato decennali italiani e tedeschi si attesta a 123 punti, ai minimi dalla primavera 2010. Cala ancora il rendimento del Btp decennale, che passa all’1,97% ai nuovi minimi storici.
L’Euro Stoxx 600, paniere di azioni del Vecchio continente, con il rimbalzo di ieri del comparto energetico si è riportato vicino ai massimi di giugno: dai minimi di ottobre, l’indice ha recuperato circa dodici punti percentuali in scia all’accelerata di Draghi sull’acquisto di titoli di Stato nell’ambito di un quantitative easing.
Per il momento, già si vede qualche effetto della politica della Bce. Secondo gli analisti di Credit Suisse, per esempio, il programma di acquisto di Abs (i prestiti cartolarizzati delle imprese) porterà a un boom (+50%) delle emissioni di debito il prossimo anno, verso quota 115 miliardi di euro. Si tratterebbe di un passo significativo, se si considera che il mercato era superiore ai 500 miliardi nel 2006, salvo poi schiantarsi a 1 miliardo nel 2008 con l’esplodere della crisi e il sollevarsi del velo che copriva le magagne delle cartolarizzazioni fuori controllo.
Un tema centrale per i mercati continua ad essere l’andamento del petrolio, che oggi rimbalza dello 0,6% circa in area 67 dollari al barile. L’oro a febbraio avanza dello 0,55% a 1.206 dollari l’oncia (le materie prime). Le basse quotazioni del greggio, figlie della scelta dell’Opec di non tagliare la produzione nonostante il calo della domanda e il boom dell’apporto degli Usa alle scorte globali grazie allo shail, danno una bella mano alla ripresa, soprattutto laddove ce n’è maggiormente bisogno. In Spagna, ad esempio, la crescita potrebbe guadagnare un punto percentuale con il petrolio in un range di 80-90 dollari al barile, secondo le stime del governo. Secondo uno studio di Bnp Paribas, in Italia, potremmo sfruttare una spinta ulteriore di 0,3 punti percentuali con un calo sostenuto di 10 dollari al barile. Considerando che le previsioni degli analisti sono per 77 dollari al barile nel 2015, mentre nel 2014 la media è a quota 100, si ha un effetto praticamente raddoppiato. Anche il falco Jens Weidmann ha usato per questa situazione la definizione di un “mini pacchetto di stimoli”, ben contento che non venisse da manovre espansive della Bce.
In Europa, come accennato, si registra il calo dell’indice finale composito Markit Pmi della produzione nella zona euro, che ha segnato 51,1 a novembre, in calo rispetto a 52,1 di ottobre e indebolito rispetto alla precedente stima flash di 51,4. Rallenta anche l’indice finale delle attività terziarie a 51,1 dal 52,3 di ottobre (stima flash a 51,3). I dati di Francia e Germania sono negativi e mettono nuova pressione sulla Bce, oltre a indebolire l’euro: l’attività economica tedesca a novembre scende a 51,2 (attesa una conferma del 52,1 di ottobre). La Francia scende a 47,9. L’indice Pmi composito per l’Italia è stato confermato a novembre a 51,2 punti, dato che rappresenta il massimo su 4 mesi. Dopo la flessione registrata a settembre (meno 1,2%), le vendite al dettaglio hanno segnato a ottobre, rispetto al mese precedente, una crescita dello 0,4% nella media dell’Eurozona e dello 0,7% nell’insieme Ue. Di nuovo in Francia, si registra la riduzione dal 4,3% al 4,1% delle stime sul deficit pubblico nel 2015, dopo le misure straordinarie di risparmio annunciate per evitare le sanzioni di Bruxelles.
In Cina, l’indice Pmi servizi calcolato da Hsbc si è attestato a 53 punti a novembre, in leggero miglioramento rispetto ai 52,9 punti del mese di ottobre. Recupera anche l’indicatore del Giappone, dove torna sopra la soglia dei 50 punti che separa la contrazione dall’espansione economica: il dato si è attestato a 50,6 punti dai 48,7 punti della passata rilevazione. In mattinata, la Borsa di Tokyo ha chiuso la seduta a un nuovo massimo da sette anni, trainato dal dollaro: al termine degli scambi, l’indice Nikkei ha guadagnato lo 0,32% (+57,21 punti) a 17.720,43 punti.
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