Non c’è alcuna differenza tra lo studente e l’operaio. Entrambi lavorano per la vita. C’è sempre bisogno dei morti per far rimbalzare sui mass media le responsabilità dello Stato, governo e parlamento, che ne sono due delle istituzioni portanti, nella tutela della collettività, quella collettività che si sforza di vivere onestamente con lo studio e il lavoro. Scuola e officina, per dirla in sintesi. Dolore, costernazione, cordoglio, vacuità foniche, emergono dopo i lutti dalle istituzioni. Porsi le domande, che cosa fare, come agire, quanto spendere per frenare l’emorragia delle morti bianche è inutile. Lo stato delle infrastrutture scolastiche è spaventoso e così rimane nell’indifferenza delle istituzioni. In questa vicenda colpisce il cinismo del presidente del consiglio. “ Una tragica fatalità” lo ha detto in Abruzzo commentando la morte dello studente Scafidi. In Abruzzo dove è là il suo interesse di bottega in questo momento. Ore 13,30, Tg1, 23 novembre 2008. Poi senza scomporsi, come se il fatto fosse di basso rilievo, ha aggiunto che nella finanziaria sono previsti investimenti urgenti per 400 milioni e che il governo farà la sua parte. Detto questo ha archiviato la vicenda. In fin dei conti, chi era Vito Scafidi? Suo figlio? Un parente? Il figlio di un suo amico o di un parlamentare? Il pensiero del presidente del consiglio era altrove. Ai suoi nemici, la magistratura, Di Pietro, il Tg3, Veltroni, i comunisti.
Renato Corsini.
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