CITTÀ DEL VATICANO - «Quante volte, anche tra noi, si sono ricercate le appaganti sicurezze offerte dal mondo. Quante volte siamo stati tentati di scendere dalla croce. La forza di attrazione del potere e del successo è sembrata una via facile e rapida per diffondere il Vangelo, dimenticando in fretta come opera il regno di Dio». Francesco ha pregato in silenzio, si è avvicinato al portale di San Pietro, ha chiuso la Porta Santa che aveva aperto l’8 dicembre 2015 e con essa l’Anno Santo della Misericordia. E ora è come se ricapitolasse il senso del Giubileo che in realtà aveva voluto aprire il 29 novembre dell’anno scorso, nel Centrafrica in guerra civile: Bangui e la sua cattedrale come «capitale spirituale» di un mondo afflitto dal «virus dell’inimicizia», ciò che ha più volte definito la «terza guerra mondiale combattuta a pezzi». Francesco ha voluto invitare la Chiesa a «riscoprire il centro, ritornare all’essenziale» del Vangelo, e nella piazza gremita sillaba: «La misericordia, portandoci al cuore del Vangelo, ci esorta anche a rinunciare ad abitudini e consuetudini che possono ostacolare il servizio al regno di Dio; a trovare il nostro orientamento solo nella perenne e umile regalità di Gesù, non nell’adeguamento alle precarie regalità e ai mutevoli poteri di ogni epoca». Ecco perché il Giubileo non è finito, non deve finire: «Anche se si chiude la Porta santa, rimane sempre spalancata per noi la vera porta della misericordia, che è il Cuore di Cristo. Dal costato squarciato del Risorto scaturiscono fino alla fine dei tempi la misericordia, la consolazione e la speranza».

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