È il «piano K2»: Kushner-Kislyak. Il genero del presidente, Jared Kushner, e l’ambasciatore russo a Washington, Sergei Kislyak, si incontrarono lo scorso dicembre, subito dopo le elezioni, nella Trump Tower a New York.
Un fatto noto, ampiamente discusso e controverso. Ma in questi giorni ilWashington Post ha rivelato particolari inquietanti. In quell’occasione i due avrebbero deciso di aprire una linea diretta riservata e informale, da mettere a disposizione dell’ex generale Michael Flynn, poi nominato da Donald Trump consigliere per la sicurezza nazionale. In quel momento l’Fbi stava già indagando sulle interferenze del Cremlino nella campagna elettorale americana: attacchi cibernetici al quartier generale del comitato elettorale democratico e fughe di notizie per danneggiare Hillary Clinton. La mini burrasca della sala stampa è solo un anticipo del clima che il presidente troverà di ritorno a Washington. L’agenzia Associated Press scrive che la Commissione Intelligence del Senato ha chiesto all’organizzazione elettorale dell’allora candidato repubblicano di consegnare documenti che potrebbero rivelarsi utili per l’inchiesta sul dossier russo: in particolare le mail inviate e ricevute dallo staff.
Nei prossimi giorni James Comey, l’ex direttore dell’Fbi, riemergerà in pubblico, testimoniando al Congresso, dopo essere stato bruscamente licenziato da Trump lo scorso 9 maggio. La catena continua ad allungarsi. L’Fbi era partita dalle «attività» russe nella campagna elettorale. Poi si è aggiunta l’ipotesi di una possibile complicità tra lo staff di Trump e i funzionari del Cremlino. Ora emerge il ruolo di Kushner e dell’ambasciatore Kislyak. Intanto il nuovo coordinatore delle indagini, Robert Mueller, nominato dal Dipartimento di Giustizia, sta puntando direttamente su Trump: ha ostacolato il lavoro degli inquirenti? Si ricomincia.

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