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CORSERA CORONAVIRUS E INQUINAMENTO MIX MORTALE. LOMBARDIA TERRA DEI FUOCHI, ESALAZIONI TOSSICHE MICROPOLVERI SOTTILI, BIOSSIDO DI AZOTO, OZONO

MILANO 23 MARZO 2020 CORSERA.IT by Alan Parker corrispondente ai confini del mondo conosciuto

Covid-19. Ma siamo davvero sicuri che la sua mortalità è maggiore di quella relativa all'inquinamento? Tre i “killer” sotto accusa: micropolveri sottili (Pm2.5), biossido di azoto (NO2) e ozono, quello nei bassi strati dell’atmosfera (O3), a cui lo studio attribuisce rispettivamente 59.500, 21.600 e 3.300 morti precoci in Italia. «Sono dati che vanno presi molto con le pinze non vorrei che fosse una notizia come quella della carne dell’Oms», risponde così però il ministro della Salute Beatrice Lorenzin che pensa di chiedere una verifica all’Istituto Superiore della Sanità. Le maggiori indiziate sono le micropolveri sottili, che hanno provocato 403mila vittime nei 28 Paesi Ue e 432mila in tutti e 40 Stati europei considerati dallo studio.

L’impatto stimato dell’esposizione al biossido di azoto e all’ozono invece è di circa 72mila e 16mila vittime precoci nei 28 Paesi Ue e di 75mila e 17mila per 40 Paesi europei. Non sorprende quindi il dato che l’87% della popolazione urbana dell’Ue, nel 2013, sia stata esposta a concentrazioni di micropolveri sottili (Pm 2.5) superiori ai valori raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), così come è avvenuto per il 98% di chi vive in città, nel caso dell’ozono (O3).

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LE ZONE PIU’ COLPITEL’area più colpita in Italia dal problema delle micropolveri si conferma quella della Pianura Padana, con Brescia, Monza, Milano,ma anche Torino, che nel 2013 oltrepassano il limite fissato a livello Ue di una concentrazione media annua di 25 microgrammi per metro cubo d’aria, sfiorata invece da Venezia. Considerando poi la soglia ben più

bassa raccomandata dall’Oms di 10 microgrammi per metro cubo, il quadro italiano peggiora sensibilmente, a partire da altre grandi città come Roma, Firenze, Napoli, Bologna, arrivando fino a Cagliari. L’inquinamento dell’aria, sottolinea l’Aea, è ancora il maggiore rischio accorciando gli anni di vita della popolazione e contribuendo a malattie gravi, come quelle cardiache e respiratorie, oltre che ai tumori. Secondo lo studio, la maggior parte di chi vive in città in Europa si ritrova sempre esposta a livelli di inquinanti non considerati sicuri dall’Oms.

 

LE CONSEGUENZE SULLA SALUTE

«Nonostante i continui miglioramenti nelle recenti decadi, l’inquinamento dell’aria ancora colpisce la salute degli europei, riducendo la loro qualità e aspettativa di vita» afferma il direttore esecutivo dell’Aea, Hans Bruyninckx. Lo stesso inquinamento «aumenta le spese sanitarie e diminuisce la produttività con giornate lavorative perse» conclude Bruyninckx. «Come Anci - spiega Bruno Valentini, sindaco di Siena e delegato Anci all’Ambiente, - chiederemo di far luce sullo stato della salute nelle nostre Città, coinvolgendo l’OMS e le istituzioni governative. Chiederemo a tutte le istituzioni risposte rispetto alle procedure di infrazione cui è già esposto il nostro Paese».

 

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LE FONTI ENERGETICHE PERICOLOSE

Nella classifica delle fonti energetiche, per quanto riguarda gli ossidi di azoto (NOx) GPL, metano e gasolio registrano la stessa quantità di emissioni (50g/GJ), mentre legna e pellet arrivano al doppio e addirittura l’olio combustibile registra 3 volte il valore dei combustibili gassosi. Il GPL vanta un impatto praticamente nullo rispetto alle altre fonti energetiche: ad esempio per quanto riguarda le emissioni di particolato (PM10 e PM2,5), GPL e metano registrano un valore di 0,2g/GJ, mentre l’olio combustibile è a quota 33, e addirittura 76 per pellet e 480 per la legna. I dati, conclude Ermete Realacci, presidente della VIII Commissione Ambiente della CameraItalia, «sono un ulteriore stimolo a ridurre le emissioni puntando su rinnovabili, efficienza energetica e mobilità sostenibile. Le misure per ridurre gli inquinanti dovuti soprattutto al traffico e al riscaldamento coincidono in larga parte infatti con quelle che aiutano a ridurre la emissioni di gas serra».

La salute umana è minacciata dall'aria che respiriamo molto più di quanto ritenuto finora. Secondo le stime di un nuovo studio pubblicato sulla rivista "European Heart Journal" da un gruppo internazionale di ricerca, infatti, l’inquinamento atmosferico è responsabile ogni anno di 120 decessi in più per 100.000 abitanti nel mondo, e di 133 e 129 decessi in più ogni 100.000 abitanti in Europa e nell’Unione Europea a 28 stati, rispettivamente.

In termini assoluti, in un anno come il 2015, l’eccesso di inquinanti nell’aria ha causato 8,8 milioni di morti in più nel mondo, 790.000 in Europa, e 659.000 nell’Unione Europea. Per il nostro continente, questo significa il doppio delle morti rispetto alle valutazioni epidemiologiche precedenti.

Quando si parla di inquinamento atmosferico si pensa immediatamente ai danni ai polmoni, che in effetti risultano statisticamente aumentati. Ma al primo posto delle classifiche ci sono le patologie cardiovascolari, che rendono conto del 40-80 per cento delle morti in eccesso, cioè il doppio di quanto è attribuito alle patologie polmonari.

Se si considera in particolare l’Europa, lo studio ha calcolato che il triste primato della patologia più letale è la malattia ischemica (cioè sostanzialmente l'infarto cardiaco, con 40 per cento dei decessi in più), seguita dall’ictus (8 per cento), dalla polmonite (7 per cento), dal tumore del polmone (7 per cento) dalla broncopneumopatia cronica ostruttiva (6 per cento).

Eloquenti anche i dati disaggretati per nazione. Guardando ai paesi paragonabili al nostro per popolazione e livello di sviluppo socio-economico, il primato negativo spetta alla Germania, con un tasso di mortalità in eccesso dovuto all’inquinamento atmosferico di 154 su 100.000, corrispondenti a una riduzione di 2,4 anni nell'aspettativa di vita.

L’Italia segue subito dopo, con 136 morti in eccesso ogni 100.000 abitanti e una riduzione dell'aspettativa di vita di 1,9 anni e, un po' staccati, la Francia (105 morti in eccesso ogni 100.000 abitanti e riduzione dell'aspettativa di vita di 1,6 anni) e il Regno Unito (98 morti in eccesso ogni 100.00 0 abitanti e riduzione dell'aspettativa di vita di 1,5 anni).

Esaminando ancora più in dettaglio i dati italiani,  l’inquinamento atmosferico causa complessivamente la morte di circa 81.000 persone all’anno, 29.000 (36 per cento) per malattie cardiovascolari e 35.000 (43 per cento) per altre cause.

I tassi di mortalità in eccesso sono particolarmente alti nei paesi dell'Europa orientale, come Bulgaria, Croazia, Romania e Ucraina, con oltre 200 ogni anno per 100.000 abitanti.

"L'elevato numero di morti in più causate dall'inquinamento atmosferico in Europa è spiegato dalla combinazione di scarsa qualità dell'aria e dalla densità della popolazione, che porta a un'esposizione tra le più alte del mondo: anche se l'inquinamento atmosferico nell'Europa orientale non è molto più elevato di quello dell'Europa occidentale, il numero di morti in eccesso causato è più alto”, ha spiegato Jos Lelieveld, del Max-Plank-Institut per la Chimica di Mainz, in Germania, e del Cyprus Institute di Nicosia, Cipro, coautore dell’articolo. “Bisogna poi tenere conto dell’assistenza sanitaria più avanzata nell'Europa occidentale, dove l'aspettativa di vita è generalmente più alta".

Per quanto riguarda l’analisi degli inquinanti, gli autori mettono sotto accusa principalmente il particolato più fine PM2,5 (particelle di diametro inferiore a 2,5 micron). Attualmente, nell’Unione Europea il limite medio annuo per il PM2,5 è di 25 microgrammi per metro cubo, un valore già 2,5 volte superiore alla soglia raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). E molti paesi europei supernao regolarmente anche questa soglia più elevata.

Questi risultati, secondo i ricercatori, dovrebbero spronare i governi nazionali e le agenzie internazionali a intraprendere azioni urgenti per ridurre l'inquinamento atmosferico, compresa una nuova valutazione della legislazione sulla qualità dell'aria e un abbassamento degli attuali limiti dell'Unione Europea ai livelli medi annuali delle Linee guida dell'OMS. 


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