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CORSERA ROMA,TRUFFE SU CASE EXTRALUSSO SENZA AGIBILITA', INDAGATI AGENTI IMMOBILIARI E PROPRIETARI CHE CERCAVANO DI INTASCARE LE CAPARRE. A CURA CENTRO STUDI CORSINI IMMOBILIARE OPINIONI

Roma 16 giugno 2021 CorSera.it  a cura dello studio legale Corsini real estate consulting studi e pareti sulle compravendite immobiliari. Vuoi consultare lo studio legale Corsini invia email a corsinicase@gmail.com 

Mercato immobiliare Roma. Le truffe sulle case extralusso indagati agenti immobiliari e proprietari delle case senza agibilità e collaudo statico. E' ormai largamente diffuso il tentativo di proprietari di case su cui hanno realizzato abusi ediizi, di venderle senza preoccuparsi di informare i potenziali acquirenti, della mancnaza del certificato di agibilità e dunque del relativo collaudo statico. I magistrati hanno potuto appurare che il commercio di case inagibili avviene in ogni quartiere di Roma dal centro storico ai parioli . Ci sono decine di casi e un giro di affari milioniario, tra agenzie e proprietari che tacciono dolosamente circa la regolarità urbanistica delle loro proprietà. Spesso, sono le superfetazioni abusive, condonate, ma che rimangono pur semper inagibili, vale a dire non si possono considerare ad uso abitazione. Molti acquirenti non lo sanno e si fidano delle agenzie, per non parlare dei notai, che negli atti, quasi sempre indicano che il fabbricato essendo costruito prima del 1967 ( la cosiddetta legge ponte ) sono di fatto legittimati sotto il profilo ediizio.

Ma come i lettori di CorSera.it hanno già potuto leggere, questo non è affatto vero. La truffa si determina nel momento in cui il potenziale acquirente sottoscrive la proposta di acquisto, una volta sottoscritta per accettazione dal venditore, per l'agenzia scatta il diritto alla provvigione, anche se successivamente si scoprirà che l'immobile è irregolare o peggio ancora inagibile. Se nessuno ve lo ha detto in anticipo, potrete sempre ricorrere alle autorità giudiziarie per denunciare il reato e sopratutto per riprendervi la caparra versata. Per questo motivo è sempre meglio effettuare prima le verifiche edilizie urbanistiche e catastali e mai fidarsi di chi intende farti sottoscrivere una proposta e ti chiede un assegno. Mai commettere questo errore o ai vostri soldi potrete dire addio. "Prima vedere cammello, poi dare soldi" diceva un vecchio adagio popolare.  Prima i documenti e gli accertamenti e le dovute verifiche e dopo semmai da un avvocato per farsi disciplinare una vera proposta di acquisto, non i moduli prestampati delle agenzie che sono dei veri e propri contratti capestro. 

Finalmente la sentenza del Tar Calabria 22/01/2021 fa piazza pulita della confusione delle normative sulla agibilità dei fabbricati. Quando lavori di ogni ordine e natura, incidono sulla struttura portante dell'edificio, in violazione delle normative tecnico edilizie , deve essere revocata. Questa sentenza è lo spartiacque anche sulle polemiche afferenti il valore degli immobili con o senza agibilità e con pervicace incidenza ne tratteggia quelli commeciabili e quelli che non possono essere considerati tali. Con la pubblicazione di questa sentenza amministrativa di un Tribunale regionale così importante, si determina anche l'indirizzo legislativo e regolamentare, che dovrà via via essere sempre più stringente a tutela della incolumità dei cittadini. I giudici della X sezione del Tribunale Civile di Roma dovranno ben riflettere prima di scrivere sentenze senza l'ausilio dei CTU.

REVOCA DELL’AGIBILITÀ PER ABUSI CHE RIGUARDANO ASPETTI STRUTTURALI DELL’EDIFICIO

È legittima la revoca dell’agibilità dell'edificio qualora vengano realizzate opere abusive tali da compromettere la stabilità e la tenuta antisismica dell’intero immobile.

In proposito il TAR Calabria Reggio Calabria 22/01/2021, n. 70 ha ribadito il principio secondo il quale la conformità dei manufatti alle norme urbanistico/edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, in quanto, ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico/edilizia e, come tale, in potenziale contrasto con la tutela del fascio di interessi collettivi alla cui protezione quella disciplina è preordinata.

Inoltre il TAR ha specificato che è la stessa legge a richiedere - prima con l’art. 25 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. b), e poi con il nuovo art. 24, comma 2, D.P.R. 380/2001 - che la domanda di rilascio del certificato di agibilità sia corredata, tra l’altro, dalla “dichiarazione sottoscritta dallo stesso richiedente il certificato di agibilità di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato” e che tale certificato (oggi sostituito dalla segnalazione certificata di agibilità ex art. 3, D. Leg.vo 25/11/2016, n. 222) viene imposto con riferimento alle nuove costruzioni, alle ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali, ed inoltre, agli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni previste dalla legge.
Le norme in discorso vanno interpretate nel senso che, in caso di difformità dell’opera dal progetto edilizio e, a maggior ragione, in assenza di progetto, l’agibilità deve essere negata.

Nel caso di specie i ricorrenti contestavano il provvedimento di revoca del certificato di agibilità (rilasciato nel 1981) motivato dalla realizzazione di importanti opere edilizie in assenza di titolo abilitativo sull’immobile di loro proprietà, consistenti nell’ampliamento del terzo piano e parziale sopraelevazione del quarto piano.
Secondo l’amministrazione gli abusi edilizi avevano alterato l’originaria struttura dell’intero corpo di fabbrica con tutte le unità immobiliari coinvolte, compromettendone le condizioni di sicurezza in assenza della richiesta documentazione attestante l’idoneità sismica dell’opera.
Secondo i ricorrenti invece il certificato di agibilità accerterebbe esclusivamente il rispetto delle regole in tema di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico e non potrebbe essere rifiutato o revocato "solo" perchè l'immobile o parte di esso sia realizzata in modo difforme dal titolo edilizio. Inoltre ritenevano illegittima la revoca in quanto investiva anche la porzione dell’opera rimasta coerente con il titolo edilizio del 1981 ed in particolare sui locali situati al piano terra destinati ad attività commerciale.

In proposito il TAR Calabria Reggio Calabria 22/01/2021, n. 70 ha ribadito il principio secondo il quale la conformità dei manufatti alle norme urbanistico/edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, in quanto, ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico/edilizia e, come tale, in potenziale contrasto con la tutela del fascio di interessi collettivi alla cui protezione quella disciplina è preordinata.

Inoltre il TAR ha specificato che è la stessa legge a richiedere - prima con l’art. 25 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. b), e poi con il nuovo art. 24, comma 2, D.P.R. 380/2001 - che la domanda di rilascio del certificato di agibilità sia corredata, tra l’altro, dalla “dichiarazione sottoscritta dallo stesso richiedente il certificato di agibilità di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato” e che tale certificato (oggi sostituito dalla segnalazione certificata di agibilità ex art. 3, D. Leg.vo 25/11/2016, n. 222) viene imposto con riferimento alle nuove costruzioni, alle ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali, ed inoltre, agli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni previste dalla legge.

Le norme in discorso vanno interpretate nel senso che, in caso di difformità dell’opera dal progetto edilizio e, a maggior ragione, in assenza di progetto, l’agibilità deve essere negata.

Quanto sopra si può affermare - come nella fattispecie esaminata dalla sentenza - anche ove sia pendente un procedimento di sanatoria edilizia (v. anche TAR Campania-Salerno 03/12/2019, n. 2138).

In altri termini, il certificato di agibilità può riguardare soltanto opere edilizie legittime ab origine o successivamente sanate, apparendo del resto assurdo, si legge nella sentenza, che il Comune rilasci l’agibilità a fronte di un’opera magari palesemente abusiva e destinata quindi con certezza alla demolizione, apparendo tale comportamento dell’Amministrazione contraddittorio rispetto al perseguimento del pubblico interesse.

Dati gli elementi di fatto, nel caso concreto la sopravvenuta parziale abusività del fabbricato rendeva evidente che l’agibilità ottenuta nel 1981 non poteva più ritenersi sufficiente a garantire la stabilità effettiva dell’intero manufatto, soprattutto in mancanza di produzione di idonea documentazione tecnica da parte dei ricorrenti - peraltro ad essi richiesta dal Comune resistente quale condizione per il rilascio dell’agibilità - che ne dimostrasse il contrario.

Il TAR ha di conseguenza confermato la legittimità del ritiro della agibilità dell’intero edificio precedentemente rilasciata, essendo rispondente ad ordinari canoni di prudenza e ragionevolezza ritenere che opere abusive riguardanti aspetti strutturali e non marginali di una parte del corpo di fabbrica possano minacciarne la stabilità e la tenuta antisismica nella sua interezza.

 

Giurisprudenza in materia di Certificato di Agibilità e dei suoi requisiti.

La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 1730 del 16 gennaio 2018, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha avuto come protagonista un agente immobiliare, processato per “truffa contrattuale” (art. 640 c.p.), consistita nel non aver comunicato all’acquirente di un immobile “il difetto di abitabilità” del locale mansardato oggetto di compravendita.

L’agente era stato condannato sia in primo che in secondo grado, e aveva quindi deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Osservava il ricorrente, in particolare, che la Corte d’appello l’aveva erroneamente ritenuto responsabile, dal momento che egli si era limitato ad attenersi alle indicazioni che gli erano state fornite dal proprietario dell’immobile.

Evidenziava il ricorrente, inoltre, che mancava l’elemento oggettivo del reato di truffa, non essendo stato dimostrato che l’agente immobiliare aveva posto in essere degli “artifizi e raggiri” in danno della persona offesa, “dato che il difetto di abitabilità per quanto non comunicato verbalmente, sarebbe stato evincibile dai documenti allegati al rogito notarile”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle considerazioni svolte dall’imputato, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

 

Precisava la Cassazione, infatti, che, nel caso di specie, la Corte d’appello era, del tutto congruamente, giunta alla conclusione di dover condannare l’imputato, deducendo che egli aveva avuto la piena consapevolezza di porre in essere una attività fraudolenta. Questo anche perchè, in passato, aveva già posto in essere la medesima condotta nei confronti degli acquirenti di altri immobili.

Secondo la Cassazione, dunque, la “esclusione della occasionalità del comportamento confortava, come ritenuto dai giudici di merito, la valutazione in ordine alla piena consapevolezza della condotta”.

ilevava la Cassazione, peraltro, che, “in tema di truffa contrattuale, anche il silenzio, maliziosamente serbato su circostanze rilevanti ai fini della valutazione delle reciproche prestazioni da parte di colui che abbia il dovere di farle conoscere, integra l’elemento del raggiro, idoneo ad influire sulla volontà negoziale del soggetto passivo”.

Nel caso di specie, dunque, il fatto che le caratteristiche dell’immobile fossero verificabili mediante il controllo dei documenti allegati al rogito, non escludeva la responsabilità dell’imputato, il quale, nel tacere alla persona offesa delle circostanze rilevanti, aveva posto in essere un vero e proprio “raggiro” in danno della medesima.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’agente immobiliare, confermando integralmente la sentenza impugnata.

 

 


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