Amsterdam 28 AGOSTO 2022 by Martin Dietrich
Il Ttf, mercato virtuale del gas di Amsterdam, ogni giorno batte un colpo ai fondamentali dell'economia europea. E più italiana, perché qui il gas si importa quasi del tutto. Con un crescendo parossistico segna prezzi moltiplicati per 20 da inizio 2021: 339 euro per MWh, in chiusura venerdì. Resta il listino più "liquido" d'Europa per la materia prima di impianti, riscaldamenti ed elettricità. Ma non è liquido abbastanza, soprattutto gli manca il gas. Colpa dei russi, primi fornitori dell'Europa che da oltre un anno, con tempistica che oggi somiglia a una premeditazione, limano sempre più gli approvvigionamenti.
Ora che loro centrali di Gazprom pompano al 20% del volume, l'Europa guarda all'autunno e si vede prospetticamente a corto di gas, gli scambi del Ttf riflettono il dramma in corso.
I prezzi si avvitano in una spirale che ha interdetto gli operatori minori e speculativi, ha interrotto la fiducia tra le controparti (tipo mercato interbancario dopo il crac Lehman) e inizia a mietere le prime vittime, piccoli rivenditori saltati perché incapaci di pagare le partite a prezzo d'oro. Qui, però, non esistono banche centrali salvatrici di ultima istanza. Esiste solo "il fisico", come dicono gli addetti ai lavori. E il fisico, il gas che serve, è ancora nelle mani di Mosca. Perciò i prezzi non scendono, anzi. I prezzi stellari di consegna giornaliera da settimane si sono estesi a tutta la curva: tutte le scadenze fino a primavera 2024 costano tra 265 e 340 euro a MWh. Così il rincaro avrà tutto il tempo per entrare nel sistema di imprese e famiglie. Se ne accorgeranno gli italiani - anche di governo - nel ricevere a fine settembre le bollette estive, antipasto del piatto forte invernale, quando riscaldarsi sarà il nuovo lusso e 100 mila imprese avranno costi superiori ai ricavi.
Il Market place del gas Ttf
Il famigerato Ttf è il più grande "hub" di gas in Europa. Un punto di scambio sulla rete - piuttosto interconnessa - che collega offerta e domanda. C'è un hub in ogni Paese (in Italia è il Punto di scambio virtuale), ma da una decina d'anni l'Olanda ha ottenuto questo primato dettnado legge sul prezzo del gas per tutti i paesi europei: anche il Psv italiano lo riflette, con qualche euro di premio per giustificare le importazioni.
Come funzioni il Ttf lo spiega Gasunie, padrona dei gasdotti olandesi: "Ttf offre alle controparti di comprare o vendere gas già presente nella nostra rete, sia tra loro che tramite piattaforme, e registra ogni transazione con una notifica". Tutti gli scambi bilaterali, sommati a quelli sui due borsini accreditati Ice e Eex, formano il prezzo. Gli operatori che hanno consentito la pubblicazione del nome sul Ttf sono 148, e di quattro tipi: produttori di gas; riempitori di stoccaggi, che lucrano sul differenziale di prezzo estate/inverno (ormai azzerato, tutto è caro come il fuoco); operatori di rete; gruppi integrati, che bilanciano la produzione e le vendite finali. Una quindicina sono nomi italiani, dai big "verticali" Eni, Enel, Edison agli intermediari Hera, Sorgenia, Repower, Estra, Dolomiti Energia, fino ai piccoli trader.
I protagonisti del Ttf, però, sono globali: banche anglosassoni come Goldman Sachs e Morgan Stanley, i grandi trader Gunvor, Trafigura, Glencore, Vitol, major come Shell o Danske, braccio della norvegese Equinor. Sono loro le mani forti, almeno fino a un anno fa, prima del grande razionamento moscovita. Tra l'altro i volumi del Ttf, pur essendo 14 volte il gas della sola Olanda, sono piuttosto ridotti: la media estiva è 4 miliardi di metri cubi, a luglio 4,61 miliardi, pari a un controvalore attorno a 5 miliardi di euro. Tipo il doppio di Piazza Affari, ma niente a che vedere con gli scambi sul Brent, che cubano 2 mila miliardi al giorno. Ma quello petrolifero è un mercato in derivati, il gas è fisico, e tutti i trader giurano che solo un 5% dei volumi è speculazione a termine. "La volatilità raggiunta dai prezzi da maggio e l'esplosione dei costi di marginazione ha escluso dagli scambi tutti i trader, nemmeno un folle oggi rientrerebbe - dice un operatore -. I soli a comprare, obbligati a farlo e svenandosi, sono le aziende che si ritrovano portafogli sbilanciati tra acquisti e consegne future".
Uno dei problemi sono proprio le garanzie finanziarie tra le parti. Le partite scambiate al Ttf richiedono il versamento di un "margine", pari a circa l'80% del lucro giornaliero in contanti da parte di chi sta guadagnando. Un meccanismo mutuato dalle grandi Borse per tutelare i contratti. Ma quando i prezzi decuplicano chi ha posizioni aperte si trova a dover versare cauzioni che per i grandi operatori tipo Eni ed Enel ammontano ormai a centinaia di milioni. I più piccoli non ce la fanno, difatti una decina sono saltati, altri rischiano. Anche i finanziamenti bancari agli operatori rincarano e si assottigliano: qui presidiano le grandi banche anglosassoni - ma anche Banca Imi (Intesa) e Unicredit sono esposte - ma, se prima un 90% dell'attività era a debito, il tasso di finanziamento è in pochi mesi quadruplicato, fino al 7-8%; e le banche cercano di ridurre l'esposizione a un comparto gonfiato e rischioso.
"Schock della domanda fino al 2024"
A detta di tutti gli operatori contattati, niente di buono potrà accadere finché offerta e domanda non torneranno in equilibrio: e nel breve termine ciò significa solo più gas russo o pesanti razionamenti. "L'Europa consuma 450 miliardi di metri cubi di gas l'anno, e Gazprom ne forniva 150 miliardi - spiega un grosso operatore -. Peccato che i russi oggi stiano fornendo solo 30-40 miliardi. Mancano oltre 100 miliardi, e credo che nel 2022, tra uso intensivo di rigassificatori e nuovi progetti, neanche metà del divario sarà colmato". Nel 2023 arrivano i rinforzi: "Gli eventi recenti hanno dato il via a investimenti e accordi con effetti a catena per sostituire il gas russo, come gli sforzi della Germania per costruire cinque terminali Gnl, il memorandum tra Paesi del Nord Mediterraneo e Ue per un gasdotto, i progetti per nuove catene di approvvigionamento con nuove condizioni di mercato", segnala Christopher Hudson, presidente di Gastech 2022, Forum internazionale in agenda a Milano dal 5 all'8 settembre. Ma per ora bisogna affidarsi a una provvidenza che ha i tratti di Vladimir Putin, o quelli non meno torvi del climate change. "Se farà freddo, e se non ripartirà il flusso russo, all'Europa non resta che la distruzione di domanda". Un tema di teoria economica che si traduce in razionamenti delle forniture, da vedere quanto ordinati, nei Paesi Ue. "Il decollo dei prezzi al Ttf, per quanto brutale, segnala che il mercato funziona a dovere - dice un altro trader -. E ci dice che gli stoccaggi europei, benché pieni, potrebbero non bastare, che il razionamento e la successiva recessione sono possibilità reali, e che fino al 2024 le cose non migliorano". A meno che la guerra finisca, o che sulla roulette del grande gioco geopolitico esca un doppio zero.
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